Corte costituzionale, sentenza 10 maggio 2002, n. 171

Corte costituzionale, sentenza 10 maggio 2002, n. 171

PREVIDENZA E ASSISTENZA – Infortuni sul lavoro e malattie professionali -Assicurazione obbligatoria – Lavoratori in aspettativa perché chiamati a ricoprire cariche sindacali – Esclusione dalla relativa copertura – Illegittimità costituzionale

Sono parzialmente incostituzionali, per violazione del principio di uguaglianza posto dall’art. 3 della Costituzione, gli art. 4 e 9 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (d.p.r. 30 giugno 1965, n.1124).

Ciò perché la prima di tali norme non prevede tra i beneficiari della tutela assicurativa i lavoratori in aspettativa, chiamati a ricoprire cariche sindacali (provinciali e nazionali). La seconda, poi, non annovera tra gli obbligati al pagamento dei contributi all’Inail le organizzazioni sindacali per conto delle quali gli stessi lavoratori in aspettativa svolgano attività esposte a rischi di infortuni.

La sentenza è conforme al principio che la Corte costituzionale va ripetutamente affermando, secondo cui presupposto esclusivo per la configurabilità dell’obbligo assicurativo è l’esposizione al rischio.

Da questo principio la Corte ha ricavato la tendenziale estensione della garanzia a tutti i soggetti che, per ragioni di lavoro, intese in senso ampio, siano esposti ad un rischio obiettivamente riferibile alle lavorazioni protette (sentenza 98 del 1990), a prescindere dal titolo o dal regime giuridico del lavoro prestato (sentenze 160 del 1990 e 332 del 1992).

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

Massimo VARI, Presidente – Riccardo CHIEPPA – Gustavo ZAGREBELSKY – Valerio

ONIDA – Carlo MEZZANOTTE – Guido NEPPI MODONA – Piero Alberto CAPOTOSTI –

Annibale MARINI – Franco BILE – Giovanni Maria FLICK – Francesco AMIRANTE,

Giudici

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

N. 171 DEP. 10 MAGGIO 2002

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 6 novembre 2000 dal Tribunale di Siena nel procedimento civile vertente tra la UST-CISL di Siena e l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), iscritta al n. 128 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie

speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di costituzione dell’INAIL;

udito nell’udienza pubblica del 12 marzo 2002 il Giudice relatore Franco Bile;

udito l’avvocato Adriana Pignataro per l’INAIL.

Ritenuto in fatto

1. – Con ordinanza in data 6 novembre 2000 il Tribunale di Siena ha sollevato – in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 38 e 39 della Costituzione – la questione di costituzionalità degli artt. 4 e 9 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui, rispettivamente, non comprendono i sindacalisti tra le “persone assicurate” e le associazioni sindacali tra i “datori di lavoro”, con particolare riguardo ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali (provinciali o nazionali), collocati in aspettativa non retribuita ai sensi dell’art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), e svolgenti attività sindacale con esposizione al medesimo rischio professionale di altre categorie di lavoratori specificatamente tutelate.

L’ordinanza è stata resa nel corso di un giudizio di opposizione proposto da un’organizzazione sindacale contro il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, sulla base di un verbale di accertamento dell’INAIL, per il pagamento di premi assicurativi non corrisposti (e delle relative sanzioni), relativamente a lavoratori collocati in aspettativa e svolgenti presso la stessa organizzazione un’attività protetta in quanto rischiosa.

Il giudice rimettente rileva che l’art. 4 del d.P.R. n. 1124 del 1965 comprende nell’assicurazione, in presenza di specifici requisiti, lavoratori subordinati, lavoratori autonomi (artigiani), soci di cooperative ed altre categorie; e ritiene che non si possa in via interpretativa annoverare i sindacalisti tra le “persone assicurate” di cui al citato articolo, e le associazioni sindacali tra i “datori di lavoro” di cui all’art. 9.

Peraltro, a suo avviso, la tendenza evolutiva dell’ordinamento, anche a seguito di interventi della Corte costituzionale, pone in dubbio la giustizia e la razionalità dell’esclusione dalla tutela dei lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali, per i quali non impropriamente può parlarsi di lavoro sindacale, anche considerando che essi fruiscono di un’indennità a carico dell’organizzazione, commisurata alla retribuzione già

percepita.

Circa la rilevanza, il giudice osserva che nella specie i lavoratori in aspettativa per mandato sindacale svolgevano nella sede provinciale dell’organizzazione sindacale un’attività, da essa retribuita, oggettivamente protetta dalla legge, in quanto facevano uso non occasionale di veicoli a motore personalmente condotti, nonché di personal computers, fotocopiatrici, macchine elettriche ed elettroniche esistenti presso

l’organizzazione.

Circa poi la non manifesta infondatezza della questione, la mancanza di tutela assicurativa di tali lavoratori è considerata dal rimettente in contrasto con l’art. 3 Cost., per la disuguaglianza di trattamento a fronte della tutela accordata ad altri lavoratori prestanti la propria attività in pari condizioni di rischio; con l’art. 2 Cost., per la lesione del diritto dell’individuo al pieno svolgimento della propria personalità nella forma dell’attività sindacale, e per la possibilità che l’assenza di copertura assicurativa ostacoli la scelta di impegno sindacale del lavoratore, con ulteriore violazione degli artt. 18 e 39 Cost.; con l’art. 38, comma 2, Cost., che garantisce alla generalizzata categoria dei lavoratori i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita anche in caso di infortunio.

2. – L’INAIL ha presentato una memoria a sostegno della dichiarazione di fondatezza della questione, ove la normativa di cui agli artt. 4 e 9 del d.P.R. n. 1124 del 1965 non possa ritenersi estensibile in via interpretativa anche alla fattispecie in esame. A suo avviso, l’attività dei lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali a tempo pieno prestata sotto le direttive e per le finalità dell’organizzazione sindacale (configurabile come associazione privata non riconosciuta) riveste i caratteri della collaborazione continuativa, onde i sindacalisti devono ritenersi associati che agiscono per l’associazione, come tali coperti da garanzia assicurativa in presenza di rischio tutelato.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale di Siena solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 9 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui non comprendono tra le <<persone assicurate>> ed i <<datori di lavoro>>, rispettivamente, i lavoratori in aspettativa perché chiamati a ricoprire cariche sindacali (nazionali e provinciali) e le organizzazioni sindacali, nell’ipotesi di svolgimento, da parte dei primi, di attività comportante esposizione a r
ischio professionale.

2. – La questione è fondata.

Nel sistema di cui al d.P.R. n. 1124 del 1965 il godimento della tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è condizionato all’esistenza congiunta di un presupposto soggettivo e di uno oggettivo. Sotto il primo profilo sono assicurati i soggetti compresi in una delle categorie specificamente enumerate dall’art. 4; sotto il secondo i soggetti cosí individuati devono svolgere una delle attività, protette in quanto ritenute pericolose, indicate dall’art. 1. I datori tenuti alla contribuzione sono poi individuati dall’art. 9 in quelli che esercitano le attività di cui all’art. 1 ed occupano le persone di cui all’art. 4.

Su tale sistema la Corte costituzionale è intervenuta ripetutamente, affermando il principio secondo cui presupposto esclusivo per la configurabilità dell’obbligo assicurativo è l’esposizione al rischio, e ricavandone la tendenziale estensione della garanzia a tutti i soggetti che, per ragioni di lavoro intese in senso ampio, siano esposti ad un rischio obiettivamente riferibile alle lavorazioni protette (sentenza n. 98 del 1990), a prescindere dal titolo o dal regime giuridico del lavoro prestato (sentenze n. 476 del 1987, n. 160 del 1990 e n. 332 del 1992).

In applicazione di questo principio, la Corte ha inciso sull’art. 9, ampliando la nozione di <<datore di lavoro>>, tenuto agli adempimenti contributivi, in particolare escludendo che il soggetto ad essi obbligato sia necessariamente colui che determina le condizioni di rischio (sentenza n. 98 del 1990).

Ed ha anche esteso la portata dell’art. 4, ritenendo ingiustificata l’esclusione, dall’elenco delle persone assicurate, dei prestatori di attività lavorative operanti nelle stesse condizioni di rischio di altre categorie protette (sentenze n. 476 del 1987, n. 137 del 1989, n. 332 del 1992).

Ne risulta un sistema che – comprendendo tra i beneficiari dell’obbligo assicurativo di cui all’art. 4 non solo i lavoratori operanti in regime di subordinazione, ma anche (a seguito dei citati interventi di questa Corte) i collaboratori di imprese familiari e gli associati in partecipazione – soddisfa l’esigenza della massima estensione della tutela contro gli infortuni e le malattie occasionate da attività di lavoro.

Parallelamente l’evoluzione legislativa ha allargato il novero delle categorie protette, prevedendo – oltre la copertura assicurativa degli infortuni in ambito domestico (legge n. 493 del 1999) – l’obbligo assicurativo per i lavoratori parasubordinati e gli sportivi professionisti (legge n. 38 del 2000, artt. 5 e 6).

3. – In tale prospettiva deve essere valutata l’attività che i lavoratori in aspettativa ai sensi dell’art. 31 della legge n. 300 del 1970 svolgono – sotto le direttive e per le finalità dell’organizzazione sindacale, presso cui ricoprono cariche provinciali o nazionali – con esposizione ad un rischio obiettivamente riferibile alle lavorazioni protette dall’art. 1 del

d.P.R. n. 1124 del 1965.

Alla stregua della ricordata giurisprudenza, la mancata inclusione di questi soggetti tra i beneficiari dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali viola l’art. 3, primo comma, Cost.

4. – L’illegittimità di tale mancata inclusione comporta, specularmente, l’illegittimità dell’esclusione dell’organizzazione sindacale dai soggetti, indicati dall’art. 9 del d.P.R. n. 1124 del 1965, da considerare datori di lavoro e quindi tenuti alla contribuzione assicurativa.

La già rilevata esigenza di tutelare il lavoro attraverso l’estensione dell’assicurazione obbligatoria comporta infatti la svalutazione del titolo o del regime giuridico in base al quale l’attività sia espletata, tanto da rendere irrilevante la questione circa la definizione della natura del rapporto in virtú del quale il lavoratore in aspettativa agisca nell’interesse dell’organizzazione sindacale, essendo sufficiente riscontrare il suo assoggettamento ad un rischio professionale identico a quello di categorie protette.

5. – Deve pertanto essere dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 4 e 9 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui non prevedono, tra i beneficiari della tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e tra gli obbligati alle relative contribuzioni, rispettivamente, i lavoratori in aspettativa perché chiamati a ricoprire cariche sindacali (provinciali e nazionali) e le organizzazioni sindacali per conto delle quali essi svolgano attività previste dall’art. 1 del medesimo testo unico.

Rimangono assorbite le altre ragioni di censura dedotte dal rimettente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 4 e 9 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui non prevedono, tra i beneficiari della tutela assicurativa e tra gli obbligati, rispettivamente, i lavoratori in aspettativa perché chiamati a ricoprire cariche sindacali (provinciali e nazionali) e le organizzazioni sindacali per conto delle quali essi svolgano attività previste dall’art. 1 del medesimo testo unico.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2002.
 

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