Infortunio sul lavoro, datore, posizione di garanzia, condotta colposa

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV PENALE

Sentenza 13 luglio – 20 settembre 2011, n. 34373

(Presidente Morgini – Relatore Piccialli)

Ritenuto in fatto

Il Procuratore generale di Milano ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che aveva condannato l’imputato per il reato di lesioni personali gravi, l’aveva assolto con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.

L’addebito di lesioni personali gravi era stato formulato a carico dell’imputato, quale procuratone speciale, a far data dal febbraio 2003, della Utensilerie Associate spa, in relazione alla ipoacusia di origine professionale di cui era risultato affetto il lavoratore S. G.

La Corte di appello riteneva di dover pronunciare sentenza liberatoria evidenziando, da un lato, che il reato di lesioni personali risultava essersi consumato in epoca ampiamente precedente al momento in cui l’imputato aveva assunto il ruolo da cui derivava la posizione di garanzia e, dall’altro, che, a far data dall’assunzione di tale posizione, le emergenze processuali deponevano per l’insussistenza di elementi fondanti la colpa specifica e generica. Sotto questo profilo, evidenziava la corte che risultavano, nel periodo di interesse, strumentali interventi di carattere strutturale su macchinari e ambienti, la messa a disposizione dei lavoratori dei necessari presidi tecnici atti a prevenire eventi otolesivi, l’effettuazione di periodici controlli audiometrici sui lavoratori.

Un profilo di colpa poteva in ipotesi ravvisarsi a carico del medico competente, la cui posizione risultava essere stata sottoposta all’attenzione del PM, già dal giudice di primo grado, non emergendo peraltro specifiche situazioni che avrebbero potuto e dovuto portare l’imputato a sindacare 11 comportamento del medico e l’inadeguatezza del ruolo prevenzionale da questi svolto: situazioni che era stato rese palesi solo a seguito dell’apertura del procedimento penale.

La soluzione liberatoria è stata quindi motivata sul rilievo dell’insussistenza in capo all’imputato dei profili della colpa.

Il ricorrente deduce l’illogicità e la contraddittorietà della decisione liberatoria evidenziando che la colpa del medico, che inadeguatamente avrebbe corrisposto all’accertata patologia acustica, non avrebbe potuto portare ad elidere profili di colpa del procuratore dell’azienda, quantomeno sotto il profilo della colpa generica. L’imputato, in altri termini, avrebbe dovuto comunque sorvegliare sul comportamento del medico aziendale, onde, non avendovi provveduto, doveva ritenersi in colpa.

Considerato in diritto

Il ricorso non è fondato, a fronte di una sentenza che pare corretta giuridicamente e affatto priva dei lamentati profili di illogicità allorquando ha motivatamente escluso il profilo di colpa in carico al datore di lavoro.

Va ricordato in premessa che, in tema di reato colposo, quando si verta in ipotesi di responsabilità emissiva, l’addebito può essere formalizzato a carico del titolare della posizione di garanzia, ossia del soggetto gravato dell’obbligo di impedire l’evento ex articolo 40, comma secondo, cod.pen., ma non basandosi tale addebito solo sulla posizione di garanzia, perché la responsabilità presuppone pur sempre la presenza di una condotta concretamente colposa, dotata di un ruolo eziologico nella spiegazione dell’evento lesivo. In altri termini, la posizione di garanzia non implica automaticamente la responsabilità colpevole, quando manchi la prova che il soggetto abbia violato una specifica regola cautelare che avrebbe agito su un evento prevedibile ed evitabile (Sezione IV, 23 settembre 2009, Tonti, rv. 245459).

E’ sotto questo profilo che va apprezzata la decisione in esame, allorquando ha motivatamente escluso la colpa dell’imputato.

E’ indiscutibile che il datore di lavoro, titolare principale della posizione di garanzia, è tenuto a vigilare sul modo con cui gli altri soggetti (con) titolari della posizione di garanzia assolvono il proprio ruolo (qui, il medico competente).

E’ principio pacifico: desumibile già dall’articolo 2087 del codice civile, ed ora, per quanto possa valere, riaffermato a chiare lettere dell’articolo 18, comma 3 bis, del decreto legislativo n. 81 del 2008, laddove si afferma che il datore di lavoro e il dirigente, oltre ad assolvere agli obblighi propri dettagliati nei precedenti commi dello stesso articolo, in più (“altresì” ) sono tenuti a vigilare sull’adempimento degli obblighi propri dei preposti (articolo 19), dei lavoratori (articolo 20), dei progettisti (articolo 22), dei fabbricanti e dei fornitori (articolo 23), degli installatori (articolo 24) e del medico competente (articolo 25), restando peraltro ferma l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati in proprio dalle norme citate, allorchè la mancata attuazione dei relativi obblighi “sia addebitabile unicamente agli stessi”, non essendo riscontrabile un difetto di vigilanza da parte del datore di lavoro e del dirigente.

L’articolo 18, comma 3 bis, citato , a ben vedere, come detto, riproduce in norma il dovere di vigilanza e controllo, relativo al rispetto della normativa prevenzionale, che [già] compete (e competeva) tradizionalmente sul datore di lavoro, ma anche sul dirigente nei limiti delle relative competenze funzionali, in applicazione della generalissima regola cautelare contenuta nell’articolo 2087 del codice civile, la cui inosservanza può portare alla responsabilità del soggetto obbligato in ossequio al disposto, altrettanto generale, dell’articolo 40, comma secondo, cod.pen.: il non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.

Ebbene, la Corte di merito non ha affatto trascurato di considerare tale situazione, e, quindi, ì conseguenti obblighi cautelari del datore di lavoro, ma, motivatamente ed in modo qui non rinnovabile in fatto, ha escluso violazioni cautelari anche di colpa generica da parte del datore di lavoro, vuoi sotto il profilo della scelta del medico competente e sotto il correlato profilo del “sindacato” sul modo con cui tale professionista procedeva a svolgere i propri compiti, vuoi sotto il profilo dei generali obblighi prevenzionali nello specifico settore dei rischi acustici (interventi sui macchinari, messa a disposizione dei presidi di sicurezza, controlli dei dipendenti).

E’ una motivazione che regge il vaglio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso

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