Tribunale di Ferrara
Sezione Penale
Sentenza 4 settembre 2012, n. 657
N. 690/09 R.G.DIB. N. 1650/02 R.G.N.R.
N. 657-2012 Reg. Sent
TRIBUNALE DI FERRARA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Diego Mattelini, alla pubblica udienza del 30.04.2012 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nei confronti di:
1) L.C.Y.M., nato a Nanterre (Francia) il 01.10.1930, res.te in Belgio, elett.e dom.to in Milano, via Serbelloni 1, c/o l’Avv. Luca Santa Maria
– libero già contumace –
2)G.A.A., nato a Quevancamps (Belgio) il 12.01.1927, res.te in Cannes (Francia), Avenue Roi Albert, 23 elett.te dom.to in Milano, via Serbelloni 1, c/o gli Avv.ti Luca Santa Maria e Roberto Fanari
– libero presente –
3) V.L.C., nato a Bruxelles (Belgio) il 16.03.1929, elett.te dom.to in Greve in Chianti (Fi) via Uzzano 12
– libero presente –
4) D.M.G., nato a Singapore il 15.09.1924, elett.te dom.to in Milano, via Monte Napoleone 8, c/o l’avv. C.G. BULGHERONI
– libero già contumace –
5) B.W.A., nato a Blackthorn (Gran Bretagna) il 21.09.1923, elett.e dom.to in Milano, via Monte Napoleone 8, c/o l’Avv. C. G. BULGHERONI
– libero già contumace –
6) V.P., nato a Ixelles (Belgio) il 12.11.1927, elettto dom.to in Milano, via Serbelloni, 1, c/o l’Avv. Luca Santa Maria
– libero già contumace –
IMPUTATI
del reato di cui:
a) art. 590 co. 1, 3 e 4 c.p., 2087 cc. perché, nelle loro qualità di:
L.C.Y.M. – Procuratore Generale dal 14.06.1973, nonché di Presidente del consiglio di amministrazione e Amministratore delegato della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a. dall’1.01.1974 al 31.12.1974 e dal 26.02.1982 al 28.03.1983;
G.A.A. – Consigliere di Amministrazione dal 18.05.1971 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a. dall’ 1.01.1975 all’ 1.12.1978,
V.L.C. – Consigliere di Amministrazione dal 16.04.1970 al 30.03.1974 della società Sy. industria delle materie plastiche- s.p.a.
D.M.G. – Consigliere di Amministrazione dal 18.05.1971 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a.
B.A.W. – Consigliere di Amministrazione dal 06.10.1971 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a.
V.P. – Consigliere di Amministrazione dal 09.05.1973 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a.
con colpa consistita in generica imprudenza, negligenza, imperizia, nonché inosservanza delle norme di cui agli artt. 236, 244 lett. a), 246, 354, 377, 387 DPR 547/55, 4, 19, 25 DPR 303/56 e 2087 cc; avendo omesso, nelle loro qualità sopra indicate, di disporre l’adozione, nell’esercizio dell’impresa, quantomeno sino al 1975, di tutte ed immediatamente le misure necessarie per la tutela della salute dei lavoratori dipendenti, con particolare riferimento:
– alla realizzazione dell’impianto di monitoraggio in continuo tramite gascromatografi, peraltro successivamente installati (a partire dal dicembre 1974 e nel corso del 1975) in numero non sufficiente da consentire una pronta e completa rilevazione delle fughe anche accidentali di CVM;
– alla prescrizione dell’utilizzo di mezzi di protezione individuali (maschere) per tutte le operazioni connesse allo svolgimento delle mansioni di pulitore e conduttore di autoclavi o comunque relative al funzionamento di apparecchiature contenenti CV;
– alla introduzione del sistema di bonifica delle autoclavi mediante vapore e di pulizia idraulica delle autoclavi, conclusosi, nello stabilimento di Ferrara, solamente alla metà degli anni settanta, nonché all’uso dei disincrostanti, che avrebbero limitato fortemente il ricorso alla pulizia manuale;
– all’utilizzo di sistemi di tenuta su pompe e valvole, quali l’aggiunta, sulla tenuta a premistoppa, dell’ulteriore protezione del soffietto, nonché la modifica, sempre al fine di aumentarne la tenuta, delle valvole di fondo delle autoclavi e la sostituzione delle valvole in rampa con rubinetti a marchio Durco;
– alla completa e corretta informazione dei lavoratori circa la pericolosità, tossicità e cancerogenesità del CVM, cui gli stessi erano esposti durante le fasi lavorative;
– alla separazione delle lavorazioni insalubri, ponendo, in particolare, all’esterno dei locali in cui erano presenti i lavoratori, le parti degli impianti potenzialmente soggette a perdite anche accidentali del CV;
cagionavano ai lavoratori dipendenti M.M. in servizio presso la So. Industria Materie Plastiche dal 1969 al 1999 con le mansioni di pulitore autoclavi dal 1969 al 1973 e di conduttore autoclavi dal 1974 al 1978;
M.C. in servizio presso la So. Industria Materie Plastiche dal 1962 al 1991 con le mansioni di di pulitore autoclavi dal 1962 al 1978 e di conduttore autoclavi dal 1979 al 1988 lesioni gravi consistite nell’insorgenza della malattia diagnosticata per entrambi come carcinoma epatocellulare.
In Ferrara, malattie diagnosticate rispettivamente il 13.11.2002 (M.M.) e 22.01.2005 (M.C.)
b) art. 437 co. 1 e 2 c.p. perché, nelle loro qualità di:
L.C.Y.M. – Procuratore Generale dal 14.06.1973, nonché di Presidente del consiglio di amministrazione e Amministratore delegato della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a. dall’1.01.1974 al 31.12.1974 e dal 26.02.1982 al 28.03.1983;
G.A.A. – Consigliere di Amministrazione dal 18.05.1971 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a. dall’01.01.1975 all’1.12.1978,
C.L. – Consigliere di Amministrazione dal 19.05.1967 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a.
V.L.C. – Consigliere di Amministrazione dal 16.04.1970 al 30.03.1974 della società Sy. industria delle materie plastiche- s.p.a.
D.M.G. – Consigliere di Amministrazione dal 18.05.1971 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a.
B.A.W. – Consigliere di Amministrazione dal 06.10.1971 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a.
V.P. – Consigliere di Amministrazione dal 09.05.1973 e quantomeno sino al 31.12.1974 della società So. industria delle materie plastiche- s.p.a.
avendo omesso di disporre l’adozione, nell’esercizio dell’impresa, quantomeno sino al 1975, di tutte ed immediatamente le misure necessarie per prevenire disastri ed infortuni sul lavoro, con particolare riferimento:
– alla realizzazione dell’impianto di monitoraggio in continuo tramite gascromatografi, peraltro successivamente installati (a partire dal dicembre 1974 e nel corso del 1975) in numero non sufficiente da consentire una pronta e completa rilevazione delle fughe anche accidentali di CVM;
– alla prescrizione dell’utilizzo di mezzi di protezione individuali (maschere) per tutte le operazioni connesse allo svolgimento delle mansioni di pulitore e conduttore di autoclavi o comunque relative al funzionamento di apparecchiature contenenti CV;
– alla introduzione del sistema di bonifica delle autoclavi mediante vapore e di pulizia idraulica delle autoclavi, conclusosi, nello stabilimento di Ferrara, solamente alla metà degli anni settanta, nonché all’uso dei disincrostanti, che avrebbero limitato fortemente il ricorso alla pulizia manuale;
– all’utilizzo di sistemi di tenuta su pompe e valvole, quali l’aggiunta, sulla tenuta a premistoppa, dell’ulteriore protezione del soffietto, nonché la modifica, sempre al fine di aumentarne la tenuta, delle valvole di fondo delle autoclavi e la sostituzione delle valvole in rampa con rubinetti a maschio Durco;
– alla completa e corretta informazione dei lavoratori circa la pericolosità, tossicità e cancerogenesità del CVM, cui gli stessi erano esposti durante le fasi lavorative;
– alla separazione delle lavorazioni insalubri, ponendo, in particolare, all’esterno dei locali in cui erano presenti i lavoratori, le parti degli impianti potenzialmente soggette a perdite anche
accidentali del CV;
facevano derivare ai lavoratori dipendenti M.M. in servizio presso la So. Industria Materie Plastiche dal 1969 al 1999 con le mansioni di pulitore autoclavi dal 1969 al 1973 e di conduttore autoclavi dal 1974 al 1978;
M.C. in servizio presso la So. Industria Materie Plastiche dal 1962 al 1991 con le mansioni di pulitore autoclavi dal 1962 al 1978 e di conduttore autoclavi dal 1979 al 1988;
gli infortuni – malattie professionali diagnosticati per entrambi come carcinoma epatocellulare.
In Ferrara, malattie diagnosticate rispettivamente il 13.11.2002 (M.M.) e il 22.01.2005 (M.C.).
Con l’intervento del Pubblico Ministero: dott. Ombretta Volta
Dei difensori di fiducia: avv. Dario Bolognesi del Foro di Ferrara e Avv. Luca Santa Maria del Foro di Milano per L.C.Y.M, V.L.C. e V.P.; avv.ti Luca Santa Maria e Roberto Fanari del Foro di Milano per G.; avv.ti Giuseppe Fusco e Orazio Ciccatelli entrambi del Foro di Napoli per D.M.G. e B.A.W. presente il solo avv. Fusco anche in sostituzione dell’avv. Ciccatelli
Dei difensori delle p.c.c. : avv. David Zanforlini del Foro di Ferrara per M.C., assente, M.M. e Legambiente, assente; avv. Riccardo Venturi del Foro di Ferrara per C.G.I.L., C.I.S.L., U.I.L. presente il solo avv. Zanforlìni in sostituzione dell’avv. Venturi come da delega; avv. Marco Zavalloni per INAIL, assente; avv. Beniamino del Mercato per Comune di Ferrara in persona del Sindaco prò tempore e Provincia di Ferrara, assenti
Le parti hanno concluso come segue:
Il P.M. come da conclusioni e repliche in atti
I difensori delle p.c.c. come da conclusioni e repliche in atti
I difensori degli imputati come da conclusioni e repliche in atti
In esito alle indagini preliminari svolte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara veniva disposto il rinvio a giudizio, davanti al medesimo Tribunale, delle seguenti persone: L.C.Y.M., G.A.A., V.L.C., D.M.G., B.W.A. e V.P.
Ai predetti, nelle rispettive qualità inerenti le cariche societarie ricoperte presso la società So. Industria delle materie plastiche s.p.a. (che aveva una unità produttiva in Ferrara) e le funzioni svolte presso la medesima società come dettagliatamente indicato nei capi di imputazione e per i periodi ivi rispettivamente indicati, venivano contestati i seguenti reati.
A) artt. 590, commi 1, 3 e 4 c.p., 2087 cc. perché nelle loro qualità (…) con colpa consistita in generica imprudenza, negligenza, imperizia, nonché inosservanza delle norme di cui agli artt. 236, 244 lett. a), 246, 354, 377, 387 D.P.R. 547/55, 4, 19, 25 D.P.R. 303/56 e 2087 cc; avendo omesso, nelle loro qualità sopra indicate, di disporre l’adozione, nell’esercizio dell’impresa, quantomeno sino al 1975, di tutte ed immediatamente le misure necessarie per la tutela della salute dei lavoratori dipendenti, con particolare riferimento:
• alla realizzazione dell’impianto di monitoraggio in continuo mediante gascromatografi, peraltro successivamente installati (a partire dal dicembre 1974 e nel corso del 1975) in numero non sufficiente da consentire una pronta e completa rilevazione delle fughe anche accidentali di CVM;
• alla prescrizione dell’utilizzo di mezzi di protezione individuali (maschere) per tutte le operazioni connesse alle mansioni di pulitore e conduttore di autoclavi o comunque relative al funzionamento di apparecchiature contenenti CV;
• alla introduzione del sistema di bonifica delle autoclavi mediante vapore e di pulizia idraulica delle autoclavi, conclusosi, nello stabilimento di Ferrara, solamente alla metà degli anni settanta, nonché all’uso dei disincrostanti, che avrebbero limitato fortemente il ricorso alla pulizia manuale;
• all’utilizzo di sistemi di tenuta su pompe e valvole, quali l’aggiunta, sulla tenuta a premistoppa, dell’ulteriore protezione del soffietto, nonché la modifica, sempre al fine di aumentarne la tenuta, delle valvole di fondo delle autoclavi e la sostituzione delle valvole in rampa con rubinetti a maschio Durco;
• alla completa e corretta informazioni dei lavoratori circa la pericolosità, tossicità e cancerogenesità del CVM, cui gli stessi erano esposti durante le fasi lavorative;
• alla separazione delle lavorazioni insalubri, ponendo, in particolare, all’esterno dei locali in cui erano presenti i lavoratori, le parti degli impianti potenzialmente soggette a perdite anche accidentali del CV;
cagionavano ai lavoratori dipendenti M.M. in servizio presso la So. Industria Materie Plastiche dal 1969 al 1999, con le mansioni di pulitore autoclavi dal 1969 al 1973 e di conduttore autoclavi dal 1974 al 1978;
M.C. in servizio presso la So. Industria Materie Plastiche dal 1962 al 1991, con le mansioni di pulitore autoclavi dal 1962 al 1978 e di conduttore autoclavi dal 1979 al 1988;
lesioni gravi consistite nell’insorgenza della malattia diagnosticata per entrambi come carcinoma epatocellulare.
In Ferrara, malattie diagnosticate rispettivamente il 13.11.2002 (M.M.) e 22.01.2005 (M.C.).
B) art 437 commi 1 e 2 c.p., perché nelle loro qualità (…) avendo omesso di disporre l’adozione, nell’esercizio dell’impresa, quantomeno sino al 1975, di tutte ed immediatamente le misure necessarie per prevenire disastri ed infortuni sul lavoro, con particolare riferimento:
• alla realizzazione dell’impianto di monitoraggio in continuo mediante gascromatografi, peraltro successivamente installati (a partire dal dicembre 1974 e nel corso del 1975) in numero non sufficiente da consentire una pronta e completa rilevazione delle fughe anche accidentali di CVM;
• alla prescrizione dell’utilizzo di mezzi di protezione individuali (maschere) per tutte le operazioni connesse atte mansioni di pulitore e conduttore di autoclavi o comunque relative al funzionamento di apparecchiature contenenti CV;
• alla introduzione del sistema di bonifica delle autoclavi mediante vapore e di pulizia idraulica delle autoclavi, conclusosi, nello stabilimento di Ferrara, solamente alla metà degli anni settanta, nonché all’uso dei disincrostanti, che avrebbero limitato fortemente il ricorso alla pulizia manuale;
• all’utilizzo di sistemi di tenuta su pompe e valvole, quali l’aggiunta, sulla tenuta a premistoppa, dell’ulteriore protezione del soffietto, nonché la modifica, sempre al fine di aumentarne fa tenuta, delle valvole di fondo delle autoclavi e la sostituzione delle valvole in rampa con rubinetti a maschio Durco;
• alla completa e corretta informazioni dei lavoratori circa la pericolosità, tossicità e cancerogenesità del CVM, cui gli stessi erano esposti durante le fasi lavorative;
• alla separazione delle lavorazioni insalubri, ponendo, in particolare, all’esterno dei locali in cui erano presenti i lavoratori, le parti degli impianti potenzialmente soggette a perdite anche accidentali del CV;
facevano derivare ai lavoratori dipendenti M.M. in servizio presso la So. Industria Materie Plastiche dal 1969 al 1999, con le mansioni di pulitore autoclavi dal 1969 al 1973 e di conduttore autoclavi dal 1974 al 1978;
M.C. in servizio presso la So. Industria Materie Plastiche dal 1962 al 1991, con le mansioni di pulitore autoclavi dal 1962 al 1978 e di conduttore autoclavi dal 1979 ai 1988;
gli infortuni-malattie professionali diagnosticati per entrambi come carcinoma epatocellulare.
In Ferrara, malattie diagnosticate rispettivamente il 13.11.2002 (M.M.) e 22.01.2005 (M.C.).
Il processo, che vedeva la costante presenza del solo imputato V.L. mentre gli altri rimanevano contumaci, si sviluppava nell’arco di 32 udienze (inizio in data 26.05.2009) nel corso delle quali si svolgeva l’attività istruttoria mediante l’escussione di innumerevoli testimoni, l’audizione dei C.T. medico-legali, epidemiologi, epatologi nonché impiantisti indicati dalle parti, le quali anche producevano le relative relazioni scritte oltre ad altra copiosa documentazione.
Nel corso delle udienze del 17.10.2011, 28.11.2011 e 06.02.2012 (medio tempore si tenevano altre due udienze di mero rinvio per impedimenti nel frattempo insorti) si procedeva alla discussione all’esito della quale le parti rassegnavano le rispettive conclusioni (con nota scritta le varie p.c).
All’odierna udienza, presenti gli imputati V.L. e G. relativamente al quale veniva revocata la declaratoria di contumacia, le parti replicavano richiamando le conclusioni assunte alla precedente udienza; le p.c. INAIL e M.M./M.C. depositavano nota spese e richiesta di archiviazione del P.M. del 22.02.2008 relativa al procedimento n. 1650/02 RGNR; la difesa degli imputati B. e D. depositava una memoria.
Il Tribunale sì ritirava in camera di consiglio e, all’esito, dava pubblica lettura del dispositivo.
Il delitto di cui al capo sub A)
• Le posizioni soggettive dei singoli imputati.
Come si evince dai capi di imputazione, gli imputati G., V.L., D., B. e V., nei periodi di tempo rispettivamente riferiti, hanno rivestito la carica di componenti il C.d.A. della Sy. s.p.a.; relativamente a costoro l’istruttoria dibattimentale non ha evidenziato, nè il P.M. ha proposto di dimostrare, l’esistenza di deleghe esecutive e/o specifiche competenze in tema in materia di igiene ambientale e sicurezza sul lavoro; ergo, non risulta dimostrato che i predetti fossero nella titolarità dei poteri operativi finalizzati alla determinazione e concreta realizzazione delle scelte operative aziendali finalizzate all’adozione delle misure idonee a impedire che le maestranze (e segnatamente M.M. e M.C.) fossero esposte alle esalazioni del Cloruro Vinile Monomero (CVM).
Ne consegue, pertanto ed in ogni caso, l’esenzione da responsabilità relativamente al reato in esame per gli imputati G., V.L., D., B. e V. A diverse considerazioni si potrebbe astrattamente pervenire a fronte del ruolo di procuratore generale, presidente del C.d.A. e amministratore delegato proprio dell’imputato L., relativamente al quale peraltro valgono i rilievi di cui infra.
• In tema di nesso di causa
Possono ritenersi pacifici i seguenti elementi: 1) M.M. e M.C. sono affetti da epatocarcinoma nella forma indicata al capo sub A); 2) costoro, nei periodi rispettivamente indicati, hanno svolto all’interno dell’unità produttiva Sy. di Ferrara le mansioni di pulitori all’interno delle autoclavi deputate alla produzione del CVM; 3) può ragionevolmente ritenersi che nel corso di detta pluriennale attività i due operai siano stati a contatto con detta sostanza e ne abbiano inalato i vapori; 4) il dato quantitativo di tali inalazioni non può ritenersi comunque adeguatamente ed oggettivamente dimostrato pur a fronte dell’istruttoria svolta in quanto ciascuna parte si è limitata ad indicare meri valori di stima, ovviamente tra loro significativamente discordanti. Da altro versante, gli epatocarcinomi riscontrati su M.M. e M.C. costituiscono patologie ad etiologia multifattoriale e, tra le possibili cause, va individuata anche la steatoepatite non alcoolica, la ed. NASH.
La NASH rappresenta un possibile sviluppo della steatosi epatica, malattia che deriva da una sindrome dismetabolica del fegato (situazione clinica associata a sovrappeso e diabete). In una prima fase la steatosi epatica può generare una resistenza all’insulina con conseguente accumulo di trigliceridi negli epatociti; la fase successiva si caratterizza da uno stress ossidativo delle cellule epatiche, stress prodotto dalla perossidazione dei trigliceridi; quale diretta conseguenza può derivare la NASH la quale, a sua volta, può evolvere in epatocarcinoma, anche in assenza di cirrosi epatica.
Ergo, in linea generale la NASH può evolvere, cioè può causare, l’epatocarcinoma nella forma riscontrata su M.M. e M.C., i quali, come emerso all’esito dell’istruttoria, ne presentavano entrambi i segni tipici sia sotto il profilo clinico che istologico.
Su tali specifici aspetti l’istruttoria dibattimentale ha evidenziato il sostanziale consenso sia dei CT dell’accusa (proff. Bracci e Comba) che dei CT della difesa (proff. Colombo e Prigioni).
Ad abundantiam, vale la pena di rilevare come nel corso del processo il prof. Colombo abbia annotato che le più recenti evidenze scientifiche in tema di correlazione causale tra NASH ed epatocarcinoma abbiano condotto due importanti agenzie internazionali che studiano le patologie epatiche (la American Association for the Study of Liver Diseases e la Asian-Pacific Association for the Study of the Liver) ad inserire proprio la NASH tra i fattori di rischio ex se soli capaci di provocare l’insorgenza di epatocarcinoma, fattori tra i quali invece non risulta indicata l’esposizione a CVM.
A questo punto rimane da verificare la fondatezza della tesi dei P.M. secondo la quale la patologia di cui sono affetti M.M. e M.C. avrebbe trovato una (con)causa nell’esposizione al CVM.
La Pubblica Accusa fonda tale assunto sulle risultanze evincibili dalla monografia, pubblicata nel 2007 dalla “Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro” (IARC) di Lione, risultanze dalla quali sarebbe possibile inferire l’esistenza dì una relazione causale tra CVM e epatocarcinoma.
Vale immediatamente la pena di rilevare come già dal preambolo di detta monografia sia possibile apprendere come “…le Monografie sono usate dalle Autorità nazionali e internazionali per formulare valutazioni di rischio, per decisioni aventi misure preventive, per programmi di controllo del cancro e per prendere decisioni su opzioni alternative per la salute pubblica… “. In definitiva, l’attività di IARC, a valenza esclusivamente epidemiologica, appare caratterizzata da scopi essenzialmente precauzionali; ai fini che qui rilevano, una sostanza può essere indicata come pericolosa anche in presenza di evidenze che, dal punto di vista della scienza propriamente intesa, consentono di affermare un mero dubbio area la sua effettiva e concreta attitudine a cagionare effetti lesivi alla salute umana.
Il tutto in conformità al cd. “principio di precauzione” secondo il quale è più opportuno vietare l’uso di una determinata sostanza forse pericolosa piuttosto che consentirne l’utilizzo in assenza di opportune cautele in attesa che l’incertezza venga rimossa all’esito degli accertamenti effettuati dalla comunità scientifica. Peraltro, se il cd. “principio di precauzione” doveroso e meritorio in un contesto di generalizzata tutela della salute dell’uomo, esso appare per contro del tutto avulso, suggestivo e pericoloso se inserito in contesto dal quale far derivare una pronuncia di penale responsabilità; se da esso si volesse trarre una “legge di copertura” giuridicamente rilevante sotto il profilo causale.
Anche volendo per un attimo superare le accese critiche emerse nel corso del presente contradditorio circa la correttezza formale/metodologica e la dignità scientifica degli studi (meramente) epidemiologici (autori Ward e Pirastu) riportati nella citata monografia, la relazione causale tra insorgenza dell’epatocarcinoma e l’esposizione al CVM di certo non può ritenersi conoscenza fatta propria e generalizzata nell’ambito della comunità scientifica mondiale; invero, nessuno tra i quattro più autorevoli enti internazionali di ricerca sulle malattie epatiche (EASL-Associazione Europea per lo Studio del Fegato; AASLD-Associazione Americana per lo Studio delle Malattie del Fegato; APASL-Associazione Pacifico-Asiatica per lo Studio del Fegato; JASL-Associazione Giapponese per lo Studio del Fegato) mai, all’esito degli studi effettuati, hanno ritenuto di inserire l’esposizione al CVM tra i fattori di rischio per l’insorgenza di epatocarcìnomi; mai da tali enti sono promanati raccomandazioni e/o protocolli di sorveglianza da adottare a tutela dei lavoratori professionalmente esposti a detta sostanza (cfr. deposizione prof. Colombo, ud. 25.10.2010).
Detta mancata indicazione è perdurata (da parte di AASLD e APASL) anche in sede di ulteriore aggiornamento dei rispettivi protocolli effettuato nel 2010, vale a dire in epoca successiva alla pubblicazione della monografia IARC del 2007 presa a riferimento dalla Pubblica Accusa.
In definitiva, all’esito della quanto mai approfondita istruttoria dibattimentale che ha caratterizzato il presente evento processuale, è mancata del tutto la prova che l’esposizione a CVM possa essere ragionevolmente ritenuta fattore (con)causale per l’insorgenza di carcinomi epatici del tipo di quello di cui sono risultati affetti M.M. e M.C., patologie che pertanto, in mancanza di ulteriori elementi causali, vanno ricondotte alla steatoepatite non alcolica (NASH) di cui certamente i predetti sono risultati portatori.
Ciò che depone per l’insussistenza del reato in esame.
Il delitto di cui al capo sub B)
Le determinazioni assunte relativamente al delitto di cui al capo sub A) escludono la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 437, II^ comma, c.p. Relativamente alla ritenuta insussistenza della fattispecie delineata al I comma della norma richiamata valgono i rilievi che seguono.
• (In)sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Richiamate le osservazioni sopra svolte con riferimento alle posizioni soggettive dei singoli imputati e pertanto affermata, anche in questo caso, l’esenzione da responsabilità degli imputati G., V.L., D., B. e V., relativamente all’imputato L. valgono i rilievi di seguito svolti. La giurisprudenza ha puntualmente indicato che “la natura dolosa dell’ipotesi di reato in questione richiede infatti che l’agente, cui sia addebitabile la condotta omissiva o commissiva, sia consapevole che la cautela che non adotta -o quella che rimuove- servano (oltre che per eventuali altri usi) per evitare il verificarsi di eventi dannosi (infortuni o disastri). Se la condotta, pur tipica secondo la descrizione contenuta nell’art. 437 c.p., è adottata senza la consapevolezza della sua idoneità a creare la situazione di pericolo non può essere ritenuto esistente il dolo che richiede una rappresentazione anticipata delle conseguenze della condotta dell’agente anche nel caso in cui queste conseguenze non siano volute ma comunque accettate” (Cass. pen., sez. IV, 17.05.2006, n. 4675).
In altri termini, la consapevole volontà omissiva in esame può derivarsi solo in presenza di idonei sintomi rivelatori esterni oggettivamente riscontrabili e riscontrati dai quali inferire che -a fronte di una nota situazione di pericolo ed a fronte della conseguente consapevolezza della necessità di adottare uno specifico intervento precauzionale- vi sia stata la cosciente volontà di omettere detto intervento.
Nel caso di specie la mastodontica istruttoria dibattimentale ha evidenziato (cfr. relazione ing. Messineo, C.T. della difesa, il quale ha utilizzato per le proprie valutazioni sia la documentazione aziendale sottoposta a sequestro, sia documentazione aziendale pur presente negli archivi Sy. s.p.a. trascurata dai C.T. del P.M.) come l’azienda nel corso degli anni, sia sulla base delle emergenze scientifiche che progressivamente rendevano noti elementi di pericolo, sia sulla base delle sollecitazioni che talora promanavano dalle associazioni sindacali di settore, abbia attuato un progressivo percorso teso -mediante l’adozione di accorgimenti tecnici (ad es. la realizzazione di un sistema di rilevamento mediante gascromatografi) e mediante l’informazione dei rischi nei confronti delle maestranze con relative prescrizioni comportamentali da attuarsi nel corso dell’attività produttiva- ad ovviare agli inconvenienti che volta per volta venivano evidenziati, a prevenire situazioni di pericolo per gli operai, in definitiva a rendere più sicuro l’ambiente di lavoro.
Nel corso della fase finale dell’attività istruttoria dibattimentale il P.M. faceva riferimento, a ritenuta comprova della sussistenza del dolo necessario per la configurabilità della fattispecie in esame, ad un fantomatico “patto di segretezza” a fronte del quale, a livello internazionale, le ditte produttrici di CVM (tra le quali la Sy. s.p.a.) si sarebbero accordate per occultare i risultati dei lavori di ricerca scientifica finalizzati ad accertare gli effetti cancerogeni della sostanza; in particolare, la Pubblica Accusa faceva riferimento ad una ricostruzione storica svolta da due docenti statunitensi (tali Markowiz e Rosner), in Italia pubblicata nell’anno 2001 sulla rivista “Epidemiologia e Prevenzione”.
Tale suggestivo argomento accusatorio non ha trovato, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, il benché minimo riscontro; per contro, deve ritenersi dimostrato che la condotta di Sy. s.p.a. (e, per essa, gli odierni imputati) si è fatta carico di effettuare le opportune innovazioni impiantistico/produttive idonee a garantire al miglior livello le condizioni di sicurezza all’interno -quantomeno- della propria unità produttiva di Ferrara nonché -e questo con un grado di diffusione conoscitiva che travalicava i confini nazionali- a garantire gli opportuni studi e ricerche sperimentali finalizzate alla verifica di eventuali potenzialità nocive (non limitate alla sola ipotizzata potenzialità cancerogena) del CVM; a tale specifico proposito basti ricordare gli studi svolti dai proff. Viola e Maltoni, su incarico e stimolo della stessa Sy. s.p.a. e la diffusione a livello anche internazionale che tali studi hanno avuto.
In definitiva, può escludersi la sussistenza dell’elemento psicologico rappresentato dal dolo e, conseguentemente, la sussistenza dell’ipotesi delittuosa in esame. Et nunc sufficit. Si indica il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
visto l’art. 530 c.p.p. assolve L.C.Y.M.,G.A.A., V.L.C., D.M.G., B.W.A. e V.P. dai reati loro ascritti perché i fatti non sussistono. Novanta giorni per il deposito dei motivi.
Ferrara, 30.04.2012
Il Giudice dr. Diego Mattelini
TRIBUNALE DI FERRARA DEPOSITATO IN CANCELLERIA il 04.09.2012