Codice di condotta per la tutela della dignita' delle lavoratrici e dei lavoratori del comune di palermo

Preambolo

L’Amministrazione Comunale, richiamandosi alla Raccomandazione 92/131 CEE sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul posto di lavoro, ai principi costituzionalmente sanciti di parità sostanziale tra uomini e donne, ed alla disciplina contrattuale più recente in materia, adotta il presente codice di condotta contro le molestie e per la tutela della dignità delle persone che lavorano nel Comune di Palermo. Scopo del presente codice di condotta è: agire, sia in via preventiva (stimolando l’adozione di regole di comportamento e prassi dirette a creare un ambiente di lavoro in cui uomini e donne rispettino la dignità di ciascuno/a) sia successivamente, qualora si dovessero verificare casi di molestia sessuale o di “mobbing”,garantendo la tempestiva individuazione di soluzioni adeguate sempre nel rispetto del diritto alla riservatezza non solo nei confronti di chi ha subito il comportamento molesto, ma anche di chi lo ha posto in essere.

 

Articolo 1
Finalità, Principi e Obiettivi

Essere trattati con rispetto e dignità è un diritto inalienabile di ogni lavoratrice e lavoratore del Comune di Palermo.

L’Amministrazione Comunale garantisce i diritti di tutte le lavoratrici e dei lavoratori dipendenti ad un ambiente di lavoro sicuro, sereno e favorevole alle relazioni interpersonali, su un piano di eguaglianza, reciproca correttezza e rispetto.

Ciascuno/a dipendente ha il dovere di collaborare con l’Amministrazione Comunale per il raggiungimento di tali obiettivi.

E’ inammissibile che qualcuno possa approfittare della posizione di superiorità gerarchica o di situazione di svantaggio personale, familiare e sociale per porre in essere atti o comportamenti discriminatori o molesti.

Ogni comportamento teso a discriminare o offendere costituisce una intollerabile violazione della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori.

La dignità del lavoratore viene lesa quando vengono attuate azioni o impartite direttive tese a emarginare la persona dal normale processo lavorativo, discriminandola per motivi culturali, politici, religiosi, etnici o di altro genere.

Le molestie sessuali sul lavoro ledono la dignità di coloro che le subiscono compromettendone lo stato di salute, la fiducia, il comportamento  morale, la motivazione al lavoro: costituiscono un comportamento scorretto e pertanto sono inammissibili in quanto contrarie ai doveri d’ufficio.

Chi è vittima di molestie sessuali sul posto di lavoro ha diritto ad ottenere l’interruzione del comportamento molesto e delle sue eventuali conseguenze, anche mediante l’accesso a procedure diversificate, idonee allo scopo.

Chi denuncia casi di molestia sessuale (lavoratore/lavoratrice) ha diritto alla riservatezza ed a non essere oggetto di ritorsione diretta o indiretta e analogo diritto è riservato alla persona ritenuta responsabile della molestia.

Ogni violazione della dignità della lavoratrice o del lavoratore costituisce ipotesi di illecito disciplinare.

 

Articolo 2
Molestie sessuali
(definizione e tipologia)

Costituisce molestia sessuale ogni atto o comportamento, anche verbale, a connotazione sessuale o comunque basato sul sesso, che sia indesiderato e che arrechi, di per sé o per la sua insistenza, offesa alla dignità e libertà della persona che lo subisce, ovvero sia suscettibile di creare un ambiente di lavoro intimidatorio, ostile o umiliante. E’ inoltre da intendersi quale molestia sessuale ogni altro atto o comportamento che, esplicitamente o implicitamente, tenda ad usare  a scopo ricattatorio -per ottenere prestazioni sessuali- le decisioni dell’Amministrazione riguardanti l’assunzione, il mantenimento del posto, la formazione professionale, la carriera, gli orari, gli emolumenti o altro aspetto della vita lavorativa.

Rientrano nella tipologia della molestia sessuale comportamenti tipicizzati quali:
a) richieste esplicite o implicite di prestazioni sessuali o attenzioni a sfondo sessuale non gradite e ritenute sconvenienti e offensive per chi ne è oggetto;

b) minacce, discriminazioni e ricatti, subiti per aver respinto comportamenti a sfondo sessuale che incidano, direttamente o indirettamente, sulla costituzione, lo svolgimento o l’estinzione del rapporto di lavoro e la progressione di carriera;

c) contatti fisici fastidiosi e indesiderati;

d) apprezzamenti verbali offensivi sul corpo e sulla sessualità;

e) gesti o ammiccamenti provocatori e disdicevoli a sfondo sessuale;

f) esposizione nei luoghi di lavoro di materiale pornografico;

g) scritti ed espressioni verbali denigratori e offensivi rivolti alla persona per la sua appartenenza a un determinato sesso o in ragione della diversità di espressione della sessualità.

 

Articolo 3
Mobbing
(definizione e tipologia)

Si verifica una situazione di “mobbing” quando un dipendente è oggetto ripetuto di soprusi da parte dei superiori e, in particolare, quando vengono poste in essere pratiche dirette ad isolarlo dall’ambiente di lavoro o ad espellerlo con la conseguenza di intaccare gravemente l’equilibrio psichico dello stesso, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e provocando stress, catastrofe emotiva, depressione ecc…

Le varie forme di persecuzione possono essere esercitate sia dai colleghi di pari qualifica funzionale sia da chi riveste compiti superiori nella scala gerarchica.

Fenomeni quali la pressione psicologica, la crudeltà mentale e l’isolamento sociale, vengono considerati con sempre maggiore frequenza problemi che riguardano la vita lavorativa e complessivamente rientrano nel termine di violenza o persecuzione. Si tratta di problemi molto seri con effetti gravi e dannosi sia sui singoli lavoratori sia sul gruppo di lavoro se non vengono valutati e gestiti in tempo utile. Questi effetti possono tradursi in stati patologici, mentali e fisici, che a volte possono diventare cronici e sfociare addirittura in un rifiuto della vita lavorativa e della collettività che opera nell’ambiente di lavoro.

Varie sono le forme di persecuzione psicologica, ad esempio:

– calunniare o diffamare un lavoratore, oppure la sua famiglia;

– negare deliberatamente informazioni relative al lavoro, oppure fornire informazioni non corrette a riguardo;

– sabotare o impedire in maniera deliberata l’esecuzione del lavoro;

– isolare in modo offensivo il lavoratore, oppure boicottarlo o disprezzarlo;
– esercitare minacce, intimorire o avvilire la persona;

– insultare, fare critiche esagerate o assumere atteggiamenti o reazioni ostili in modo deliberato;

– controllare l’operato del lavoratore senza che egli lo sappia e con l’intento di danneggiarlo;
– applicare “sanzioni penali amministrative” ad un singolo lavoratore senza motivo apparente, senza dare spiegazioni, senza tentare di risolvere insieme a lei/lui i problemi;

– effettuare un allontanamento immotivato dal posto di lavoro o dai suoi doveri;

– effettuare un trasferimento altrettanto immotivato;

– richiedere ore di lavoro straordinario, non giustificate da esigenze di servizio;

– manifestare evidente ostruzionismo per quanto riguarda le richieste di formazione o di permessi.
Gli atteggiamenti cosiddetti offensivi sono quelli caratterizzati da un’assoluta mancanza di rispetto e lesivi dei principi di ordine generale che dovrebbero essere alla base di un atteggiamento rispettoso e morale nei confronti delle altre persone. Di fatto si tratta di azioni che hanno un effetto negativo, a breve e lungo termine, sia sui singoli individui sia sui gruppi di lavoro.

 

Articolo 4
Ambito di applicazione, responsabilità, atti conseguenti all’adozione del Codice

Sono tenuti all’osservanza dei principi e delle finalità contenute nel presente Codice, tutti i dipendenti e tutte le persone che operano nell’ambito Comunale, a qualsiasi titolo.

Sono responsabili dell’applic
azione del Codice i Dirigenti Comunali, in quanto la molestia e il “mobbing”  sono violazione del dovere di assumere comportamenti conformi alle funzioni che essi sono tenuti a rispettare e a far rispettare.

Il Settore Risorse umane:

A) verifica la trasparenza delle procedure inerenti il personale relativamente a assunzione, assegnazione al servizio, trasferimenti, percorsi di carriera, riconoscimenti professionali, orari di lavoro particolari, partecipazione a corsi di formazione o aggiornamento, nonché di altri istituti del rapporto di lavoro;

B) interviene altresì sull’organizzazione del lavoro con particolare attenzione a determinate situazioni nelle quali serve una maggiore tutela e l’adozione di interventi di sostegno nei confronti delle/i lavoratrici/ori in particolari situazioni di svantaggio personale, familiare e sociale.
Il Settore Risorse umane, anche in accordo con altri Enti o Associazioni, predispone interventi formativi e informativi tesi a favorire la cultura del rispetto tra le persone.

L’Amministrazione comunale garantisce il patrocinio legale nei casi di ricorso in giudizio e a tal fine assicura le risorse necessarie.

 

Articolo 5
Consulente di fiducia (nomina e compiti)

L’Amministrazione Comunale, istituisce, quale figura di riferimento il/la Consigliere di fiducia, al quale possono rivolgersi le vittime di comportamenti molesti per essere consigliate sull’argomento ed essere assistite nelle procedure informali o formali di cui al seguente articolo.
La/il Consulente di fiducia, preferibilmente donna, viene individuata/o fra i soggetti in possesso di idonee competenze e capacità professionali ed è una figura istituzionale, interna od esterna all’Ente, che agisce in piena autonomia. Il/la Consigliere di fiducia è designato dal Sindaco o dell’Assessore al ramo.

La/il Consulente di Fiducia può essere revocata/o, con decreto motivato del Sindaco,  nei casi di gravi inadempienze, omissioni, ritardi o violazioni agli obblighi di imparzialità, correttezza e riservatezza fissati dal presente regolamento nell’esercizio dei propri compiti.
La/il Consulente di fiducia, per l’assolvimento dei propri compiti si avvale prioritariamente degli Uffici e del personale del Servizio Disciplina, nonché di altri Uffici dell’Ente, in relazione alle specifiche professionalità di cui necessita e all’occorrenza, previa assunzione di deliberazione della Giunta Comunale, può chiedere la collaborazione di esperti non appartenenti all’Amministrazione.

Al Consigliere di Fiducia deve essere garantito libero accesso agli atti relativi al caso trattato e devono essergli fornite tutte le informazioni necessarie per la definizione del medesimo. La/il Consulente di fiducia, inoltre, ha il compito di monitorare le eventuali situazioni a rischio.

La/il Consulente di fiducia, su richiesta della persona interessata, assume in trattazione il caso e la informa sulla modalità più idonea per affrontarlo, non esclusa quella penale se il comportamento denunciato si configura come reato, nel rispetto dei diritti sia della parte del denunciante che di quella dell’accusato/a.

La partecipazione degli interessati agli incontri con la/il Consulente di fiducia, avviene in orario di servizio.

Ogni anno, la/il Consulente di fiducia presenta una relazione sulla propria attività al Sindaco o all’Assessore delegato.

Inoltre, la/il Consulente di fiducia, suggerisce azioni opportune, specifiche o generali, volte a promuovere un clima idoneo ad assicurare la pari dignità e libertà delle persone; partecipa alle iniziative di informazione/formazione promosse dall’Ente a tale scopo.

La/il Consulente di Fiducia dura in carica quattro anni e può essere riconfermata/o.

 

Articolo 6
Procedura informale a seguito di segnalazione

La persona che, avendo subito molestie sessuali sia interessata a porvi fine “informalmente” può rivolgersi tempestivamente al/alla Consigliere/a di Fiducia.

La/il Consulente di fiducia, al fine di ottenere l’interruzione della molestia, dispone di ampia facoltà di azione:

– su richiesta della persona interessata prende in carico il caso e la informa sulla modalità più idonea per affrontarlo;

– può chiedere l’intervento di altri esperti (psicologi, avvocati, ecc.) per formulare il proprio giudizio sulla scorta di pareri qualificati;

– sente l’autore/trice dei comportamenti molesti ed acquisisce eventuali testimonianze;

– tende a promuovere incontri congiunti tra la persona vittima della molestia e l’autore/trice della medesima.

Qualora lo ritenesse necessario per tutelare la vittima della molestia la/il Consulente di fiducia può proporre al Dirigente competente il trasferimento di una delle persone implicate.

Il/la Consigliere/a di Fiducia non può adottare alcuna iniziativa senza averne prima discusso con la parte lesa e senza averne ricevuto l’espresso consenso.

Ogni iniziativa deve essere assunta sollecitamente e comunque non oltre 30 giorni dalla conoscenza del fatto.

In ogni momento della procedura, la parte lesa può ritirare la segnalazione.

 

Articolo 7
Procedura formale a seguito di denuncia

Qualora la persona oggetto di molestie sessuali ritenga inopportuni i tentativi di soluzione informale del problema ovvero qualora dopo tale intervento, il comportamento indesiderato permanga può ricorrere alla procedura formale. Questa prende avvio con la denuncia scritta del comportamento molesto da parte dell’interessato/a, anche avvalendosi dell’assistenza della/del Consigliera/e, al dirigente del Settore Risorse Umane e per conoscenza al proprio dirigente, fatta salva, in ogni caso, ogni altra forma di tutela giurisdizionale della quale potrà avvalersi.
Qualora la persona che molesta sia un/una dirigente la denuncia formale potrà essere inoltrata direttamente al Segretario Generale e al Sindaco.

Il dirigente del Settore Risorse Umane, avvalendosi della collaborazione della/del Consulente di fiducia, promuove gli accertamenti preliminari e, qualora emergano elementi sufficienti, avvia il procedimento disciplinare ai sensi della normativa vigente.

E’ data  la possibilità agli interessati di un colloquio per esporre le proprie ragioni, eventualmente con l’assistenza della Consigliera/e di fiducia e/o delle Organizzazioni Sindacali e/o di un avvocato cui si conferisce mandato. Il dirigente del Settore Risorse umane garantisce, inoltre, la verbalizzazione di ogni fase del  procedimento avviato su singola istanza, consentendo il diritto d’accesso agli atti alle parti interessate.Qualora richiesto, il/la Consigliere/a di Fiducia assiste la vittima di molestie, nella fase istruttoria dei procedimenti disciplinari promossi.  Non è comunque ammesso ai terzi l’accesso agli atti preparatori nel corso delle procedure, quando la conoscenza di essi possa impedire, ostacolare o turbare il regolare svolgimento del procedimento o la formazione del provvedimento finale.

In attesa della conclusione del procedimento disciplinare,  su richiesta di uno o entrambi gli interessati, l’Amministrazione, potrà adottare un provvedimento di trasferimento in via temporanea al fine di ristabilire un clima lavorativo sereno. L’Amministrazione, di concerto con la/il Consigliere di fiducia, accertata la fondatezza della denuncia, ha cura di tutelare il/la dipendente che l’ha presentata da qualsiasi forma di ritorsione o penalizzazione e vigila sull’effettiva cessazione dei comportamenti molesti.

Ove la denuncia si dimostri infondata l’Amministrazione, nell’ambito delle proprie competenze, opera in forma adeguata al fine di riabilitare il buon nome della persona accusata.

 

Articolo 8
Riservatezza e tutela

Tutte le persone interessate alla soluzione dei casi citati agli artt. 2 e 3 sono tenuti al riserbo sui fatti e sulle notizie di cui vengono a conoscenza nel corso del procedimento.
 Nei casi di assunzione di provvedimenti ammin
istrativi soggetti a pubblicazione, conseguenti o correlati a procedimenti per molestie sessuali o “mobbing”, la/il dipendente che ha subito molestie ha diritto a richiedere l’omissione del proprio nome nel documento pubblicato in osservanza alla normativa sulla privacy.

Ogni forma di ritorsione diretta e indiretta nei confronti di chi denuncia casi di molestia o di “mobbing”, compresi testimoni e terzi, è valutabile anche sotto il profilo disciplinare fatta salva la possibilità della persona che le subisce di tutelarsi in ogni diversa sede.

 

Articolo 9
Atti discriminatori

L’Amministrazione provvede senza ritardo ad annullare, in via di autotutela, gli atti amministrativi, in qualunque modo peggiorativi della posizione soggettiva, dello stato giuridico od economico della/dei dipendente che derivino da atto discriminatorio riconducibile ad un atto di molestia sessuale o  “mobbing” e particolarmente da ricatti o minacce accompagnati a molestia sessuale.

Gli atti amministrativi in qualunque modo incidenti favorevolmente sulla posizione soggettiva della/del dipendente, ottenuti con comportamenti scorretti a connotazione sessuale, sono annullabili a richiesta della persona danneggiata.

 

Articolo 10
Informazione

L’Amministrazione si impegna a comunicare al personale il nome e il luogo di reperibilità della/del Consigliere di fiducia.

A tutti i dipendenti neo assunti è consegnata copia del presente codice di comportamento. Si darà inoltre massima diffusione del presente anche attraverso l’affissione presso l’albo pretorio, oltre a quello di ogni Settore o Struttura autonoma dell’Ente.

L’Amministrazione adotta le iniziative  e le misure organizzative idonee ad assicurare la massima informazione e formazione sulle finalità e sui procedimenti disciplinari del presente codice; i Dirigenti sono responsabili della corretta attuazione degli obiettivi e delle disposizioni in esso contenute.

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