INAIL
Organo: DIREZIONE GENERALE – DIREZIONE CENTRALE PRESTAZIONI
SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE
Documento: Circolare n. 71 del 17 dicembre 2003
Oggetto:Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro. Rischio tutelato e diagnosi di malattia professionale. Modalità di trattazione delle pratiche.
Quadro Normativo
PREMESSA
Con lettera del 12 settembre 2001 sono state fornite le prime istruzioni per la trattazione delle denunce di disturbi psichici determinati dalle condizioni organizzativo/ambientali di lavoro ed è stato disposto che, data l’esigenza di acquisire un adeguato patrimonio di informazioni e conoscenze sulla materia, tutte le fattispecie con documentazione completa e probante fossero inviate all’esame centrale.
L’esame degli oltre 200 casi pervenuti (denunciati all’Inail quasi sempre dopo accertamenti e trattamenti terapeutici) ha consentito di monitorare il fenomeno e di conoscere l’approccio diagnostico dei vari centri specialistici nazionali che fanno capo a Cattedre Universitarie, Ospedali, Ambulatori e Centri di Salute Mentale delle AA.SS.LL. operanti sul territorio.
L‘accertamento del rischio, effettuato sulla base della denuncia di malattia professionale – integrata ove necessario da richieste specifiche ai datori di lavoro e dai risultati di incarichi ispettivi mirati – nonché le ulteriori indagini cliniche specialistiche eseguite, hanno condotto al riconoscimento della natura professionale della patologia diagnosticata nel 15 per cento circa dei casi esaminati.
Contemporaneamente, l’apposito Comitato Scientifico1 , dopo aver approfondito gli aspetti più complessi e controversi del problema, è pervenuto alle conclusioni contenute nel documento che si allega per opportuna conoscenza2.
Completata questa propedeutica fase di studio e monitoraggio, si forniscono nuove e più articolate istruzioni sulle modalità di trattazione di questi casi.
Le istruzioni di seguito indicate tengono conto:
· dell’esperienza maturata nel periodo di osservazione
· della Relazione del Comitato Scientifico
· della letteratura in materia.
I FATTORI DI RISCHIO
La posizione assunta dall’Istituto sul tema delle patologie psichiche determinate dalle condizioni organizzativo/ambientali di lavoro trova il suo fondamento giuridico nella Sentenza della Corte Costituzionale n. 179/1988 e nel Decreto Legislativo n. 38/2000 (art. 10, comma 4), in base ai quali sono malattie professionali, non solo quelle elencate nelle apposite Tabelle di legge, ma anche tutte le altre di cui sia dimostrata la causa lavorativa.
Secondo un’interpretazione aderente all’evoluzione delle forme di organizzazione dei processi produttivi ed alla crescente attenzione ai profili di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, la nozione di causa lavorativa consente di ricomprendere non solo la nocività delle lavorazioni in cui si sviluppa il ciclo produttivo aziendale (siano esse tabellate o non) ma anche quella riconducibile all’organizzazione aziendale delle attività lavorative.
I disturbi psichici quindi possono essere considerati di origine professionale solo se sono causati, o concausati in modo prevalente, da specifiche e particolari condizioni dell’attività e della organizzazione del lavoro.
Si ritiene che tali condizioni ricorrano esclusivamente in presenza di situazioni di incongruenza delle scelte in ambito organizzativo, situazioni definibili con l’espressione “costrittività organizzativa”.
Le situazioni di “costrittività organizzativa” più ricorrenti sono riportate di seguito, in un elenco che riveste un imprescindibile valore orientativo per eventuali situazioni assimilabili.
ELENCO DELLE “COSTRITTIVITÀ ORGANIZZATIVE” · Marginalizzazione dalla attività lavorativa · Svuotamento delle mansioni · Mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata · Mancata assegnazione degli strumenti di lavoro · Ripetuti trasferimenti ingiustificati · Prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto · Prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici · Impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie · Inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro · Esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale · Esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo. |
Nel rischio tutelato può essere compreso anche il cosiddetto “mobbing strategico” specificamente ricollegabile a finalità lavorative. Si ribadisce tuttavia che le azioni finalizzate ad allontanare o emarginare il lavoratore rivestono rilevanza assicurativa solo se si concretizzano in una delle situazioni di “costrittività organizzativa” di cui all’elenco sopra riportato o in altre ad esse assimilabili.
Le incongruenze organizzative, inoltre, devono avere caratteristiche strutturali, durature ed oggettive e, come tali, verificabili e documentabili tramite riscontri altrettanto oggettivi e non suscettibili di discrezionalità interpretativa.
Sono invece esclusi dal rischio tutelato:
· i fattori organizzativo/gestionali legati al normale svolgimento del rapporto di lavoro (nuova assegnazione, trasferimento, licenziamento)
· le situazioni indotte dalle dinamiche psicologico-relazionali comuni sia agli ambienti
di lavoro che a quelli di vita (conflittualità interpersonali, difficoltà relazionali o condotte comunque riconducibili a comportamenti puramente soggettivi che, in quanto tali, si prestano inevitabilmente a discrezionalità interpretative).
MODALITÀ DI TRATTAZIONE DELLE PRATICHE
ACCERTAMENTO DELLE CONDIZIONI DI RISCHIO
Come per tutte le altre malattie non tabellate, l’assicurato ha l’obbligo di produrre la documentazione idonea a supportare la propria richiesta per quanto concerne sia il rischio sia la malattia.
L’Istituto, da parte sua, ha il potere-dovere di verificare l’esistenza dei presupposti dell’asserito diritto, anche mediante l’impegno partecipativo nella ricostruzione degli elementi probatori del nesso eziologico.
L’esperienza fin qui maturata ha dimostrato che non sempre sono producibili dall’assicurato, o acquisibili dall’Istituto, prove documentali sufficienti.
È perciò necessario procedere ad indagini ispettive per raccogliere le prove testimoniali dei colleghi di lavoro, del datore di lavoro, del responsabile dei servizi di prevenzione e protezione delle aziende e di ogni persona informata sui fatti allo scopo di:
· acquisire riscontri oggettivi di quanto dichiarato dall’assicurato
· integrare gli elementi probatori prodotti dall’assicurato.
Ulteriori elementi potranno essere attinti dall’eventuale accertamento dei fatti esperito in sede giudiziale o in sede di vigilanza ispettiva da parte della Direzione Provinciale del Lavoro o dei competenti uffici delle AA.SS.LL..
Come per tutte le altre malattie professionali3, l’indagine ispettiva mirata ad acquisire i riscontri oggettivi nonché gli eventuali elementi integrativi di quanto asserito e prodotto dall’assicurato dovrà essere attivata su richiesta della funzione sanitaria, che provvederà anche ad indicare gli specifici aspetti da indagare.
Diversamente invece dalle altre malattie professionali (per le quali l’intervento ispettivo è previsto solo se necessario) per le patologie in oggetto l’indagine ispettiva deve essere sempre effettuata. Fanno ovviamente eccezione le ipotesi in cui la funzione sanitaria, già al termine della prima fase istruttoria, è giunta alla determinazione di definire negativamente il caso per l’assenza della malattia o per la certezza della esclusione della sua origine professionale.
L’ITER DIAGNOSTICO DELLA MALATTIA PROFESSIONALE DA COSTRITTIVITÀ ORGANIZZATIVA
L’iter diagnostico da seguire ai fini di una uniforme trattazione medico-legale dei casi denunciati all’Istituto è descritto di seguito.
· Indicare settore lavorativo, anno di assunzione, qualifica e mansioni svolte.
· Descrivere la situazione lavorativa ritenuta causa della malattia individuando le specifiche condizioni di costrittività organizzativa.
· Disporre, se non già in atti, le necessarie indagini ispettive4 con la conseguente acquisizione di dichiarazioni del datore di lavoro, testimonianze dei colleghi di lavoro, eventuali atti giudiziari, ecc..
· Riportare la diagnosi formulata nel 1° certificato medico di malattia professionale.
· Descrivere il decorso ed i sintomi del disturbo psichico.
· Comprendere, nella documentazione medica di interesse, le certificazioni specialistiche, gli accertamenti sanitari preventivi e periodici svolti in azienda ed eventuali “precedenti Inps”.
· Visita e relazione neuropsichiatrica corredata di eventuali test psicodiagnostici, se è presente in Sede lo specialista neuropsichiatra.
· Consulenza specialistica esterna, in convenzione con specialista in neuropsichiatria di comprovata esperienza o con struttura pubblica, se non è presente in Sede lo specialista neuropsichiatra.
· La particolarità della materia lascia al singolo specialista, in relazione alla sua esperienza professionale, la scelta dei test da somministrare, test che integrano l’esame obiettivo psichico ma non possono sostituirlo. Tali test, nel complesso del videat psichiatrico, assumono indubbia importanza per la loro riproducibilità e confrontabilità nel tempo e dunque per finalità medico-legali. Elenchiamo di seguito quelli usati più frequentemente.
a) Questionari di personalità (MMPI e MMPI2, EWI, MPI, MCMI ecc.)
b) Scale di valutazione dei sintomi psichiatrici:
– per ansia e depressione, di auto e eterovalutazione (BDI, HAD scale, HAM-A, HAM e Zung depression rating scale, MOOD scale)
– per aggressività e rabbia (STAXI)
– per disturbo post-traumatico da stress (MSS-C)
– per amplificazione di sintomi somatici (MSPQ)
c) Tests proiettivi (Rorschach, SIS, TAT, Reattivi di disegno ecc.)
· Per l’inquadramento nosografico, fare esclusivo riferimento ai seguenti due quadri morbosi:
– sindrome (disturbo) da disadattamento cronico
– sindrome (disturbo) post-traumatica/o da stress cronico.
La diagnosi comunemente correlabile ai rischi in argomento è il disturbo dell’adattamento cronico, con le varie manifestazioni cliniche (ansia, depressione, reazione mista, alterazione della condotta, disturbi emozionali e disturbi somatoformi). La valutazione di queste manifestazioni consentirà la classificazione in lieve, moderato, severo.
La diagnosi di sindrome (o disturbo) post traumatico da stress può riguardare quei casi per i quali l’evento lavorativo, assumendo connotazioni più estreme, può ritenersi paragonabile a quelli citati nelle classificazioni internazionali dell’ICD-10 e DSM-IV. Questi casi vengono definiti come “estremi/eccezionalmente minacciosi o catastrofici” (a tale riguardo giova ricordare la possibilità che fattispecie che configurino un “evento acuto” devono trovare naturale collocazione nell’ambito dell’infortunio lavorativo).
· Escludere, ai fini della diagnosi differenziale, la presenza di:
– sindromi e disturbi psichici riconducibili a patologie d’organo e/o sistemiche, all’abuso di farmaci e all’uso di sostanze stupefacenti
– sindromi psicotiche di natura schizofrenica, sindrome affettiva bipolare, maniacale, gravi disturbi della personalità.
La tabella delle menomazioni, relativa alla valutazione del danno biologico in ambito INAIL5 , prevede la presenza di due voci che attengono entrambe al solo disturbo post-traumatico da stress cronico, di grado moderato (voce 180) e severo (voce 181).
L’intervallo valutativo riportato offre un adeguato riferimento per consentire, in analogia, la valutazione del danno biologico anche da disturbo dell’adattamento cronico. I due quadri menomativi, anche se derivano da un evento lesivo diverso, possono presentare infatti pregiudizi della sfera psichica in parte sovrapponibili e coincidenti.
La valutazione del danno terrà c
onto del polimorfismo e della gravità dei sintomi psichiatrici e somatoformi, secondo le indicazioni delle classificazioni internazionali sopra richiamate, così come riscontrati nel singolo caso.
Codifica
Dovranno essere utilizzati i seguenti codici:
Codice amministrativo A: 99.0 |
99.0 | |
Codice di malattia M: | 144(6) | Disturbo dell’adattamento cronico |
145 (7) | Disturbo post traumatico da stress cronico | |
Codice di agente causale: | Da individuare nel gruppo “Fattori psicologici” in relazione alla condizione di costrittività organizzativa ritenuta prevalente |
Disposizioni
La fase di sperimentazione può considerarsi completata. Questa circolare, infatti, riporta un esaustivo ed articolato quadro di riferimento che consente, già da ora, di garantire omogeneità e correttezza nella trattazione delle pratiche.
Sono inoltre previsti specifici corsi di formazione, programmati per il prossimo mese di gennaio, nonché ulteriori direttive di carattere generale in relazione alle problematiche che dovessero emergere.
A partire dalla data della presente circolare, le denunce di disturbi psichici da costrittività organizzativa saranno definite direttamente a cura delle Sedi senza il parere preventivo della Direzione Generale.
Le Direzioni Regionali, nell’ambito delle loro funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo, adotteranno ogni iniziativa idonea a garantire uniformità e completezza di lettura della presente circolare e conseguenti correttezza ed omogeneità di comportamento sul territorio.
Per quanto non specificato in questo contesto, si fa rinvio ai vigenti indirizzi in materia di trattazione delle malattie professionali non tabellate.
______________________________
1.Nominato con delibera del Consiglio di amministrazione n. 608/2001
2. Allegato 1: Relazione del Comitato Scientifico.
3. Lettera del 18 settembre 2003: “Nuovo flusso procedurale per l’istruttoria delle denunce di malattia professionale”.
4. Cfr. paragrafo precedente: “Accertamento delle condizioni di rischio”.
5. Decreto ministeriale del 12 luglio 2000.
6. Inserito nel settore V del “Codice Sanitario M” (circ. n. 35/1992).
7. Cfr. nota 6 .
IL DIRETTORE GENERALE f.f.
Dr. Pasquale ACCONCIA
ALLEGATO 1
RELAZIONE DEL COMITATO SCIENTIFICO NOMINATO A SEGUITO DI DELIBERA DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONI: DELL’INAIL DEL 26 LUGLIO 2001 N. 473/2001 SU MALATTIE PSICHICHE E PSICOSOMATICHE DA STRESS E DISAGIO LAVORATIVO, COMPRESO IL “MOBBING”.
1. Introduzione
Con Delibera n. 473 del 26 luglio 2001 il Consiglio di Amministrazione dell’Istituto
ha approvato l’iniziativa tesa a definire percorsi metodologici per la diagnosi eziologica delle patologie psichiche e psicosomatiche da stress dell’ambiente di lavoro, compreso il cosiddetto “mobbing”.
In base alla sentenza n. 179/1988 – che integrando l’art. 3 del T.U. ha introdotto il c.d. “sistema misto” nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali estendendo la tutela a tutte le malattie di cui sia dimostrata, con onere della prova a carico del lavoratore, la causa di lavoro – e all’art, 10, comma IV, del D. Lgs. n. 38/2000, le patologie in questione possono formare oggetto della tutela
assicurativa in ambito INAIL.
Il Presidente dell’INAIL, su proposta del Direttore Generale, ha costituito il Comitato Scientifico nominando sei membri estemi all’Istituto -esperti in Medicina del Lavoro, in Medicina Legale, in Psicologia del lavoro, in Psicopatologia Forense assieme ai responsabili delle funzioni centrali della Direzione Centrale Prestazioni, della Sovrintendenza. Medica Generale e dell’Avvocatura Generale. Al Comitato veniva affidato il compito di effettuare uno studio in tema di “malattie psichiche e psicosomatiche da stress e disagio lavorativo, compreso il “mobbing”, finalizzato alla definizione di un percorso metodologico per consentire l’accertamento del rischio e la conseguente diagnosi eziologica e medico-legale da parte dell’ Istituto, percorso che prevede, come per le altre malattie professionali non tabellate (cfr. circolare INAIL n. 80/97) e fermo restando l’obbligo dell’assicurato di produrre tutta la documentazione idonea a supportare la propria richiesta, il potere-dovere dell’Istituto di verificare l’esistenza dei presupposti dell’asserito diritto tinche mediante l’impegno partecipativi nella ricostruzione degli elementi probatori del nesso eziologico.
Nel corso delle riunioni tenutesi presso la sede centrale dell’INAIL, seguite da separate elaborazioni dei singoli componenti del Comitato, si sono discussi gli indirizzi relativi a linee guida per gli accertamenti in caso di denuncia di malattia professionale non tabellata che l’assicurato addebiti a stress lavorativo. Alla luce della sentenza citala, interpretata anche in relazione all’evoluzione delle forme di organizzazione dei processi produttivi e della accresciuta attenzione, anche legislativa, ai profili dì sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, si è ritenuto dunque che il rischio tecnopatico assicurativamente rilevante sia non solo quello collegato alla nocività delle lavorazioni, tabellate e non, ma anche quello riconducibile a particolari condizioni dell’attività e della organizzazione aziendale, anche se in assenza, allo stato attuale, di specifici riferimenti normativi di carattere prevenzionale.
2. Il rischio tutelato
Nella gestione del fenomeno occorre fare riferimento ai consolidati criteri giuridici e medico-legali che garantiscano una effettiva diagnosi “differenziale” della malattìa professionale rispetto alla malattia comune.
Nel definire il rìschio lavorativo di malattie psichiche e psicosomatiche rilevante ai fini assicurativi si sono individuati e presi in considerazione i seguenti criteri:
1. Sono compresi nel rischio lavorativo le condizioni di rischio che si creano per incongruenze del processo organizzativo (cosiddetta “costrittività organizzativa”).
2. La tipologia dei più frequenti “elementi di costrittività” è illustrata al successivo paragrafo 3.
3. Qualora sussista la costrittività organizzativa è irrilevante l’esistenza o meno di specifiche responsabilità soggettive; dette responsabilità potranno costituire uno degli elementi di prova una volta verificate nella competente sede giudiziaria.
4. La categoria della “costrittività organizzativa” ricomprende anche il cosiddetto “mobbing strategico”, specificamente ricollegabile a finalità lavorative, ossia quell’insieme di azioni poste in essere nell’ambiente di lavoro con lo scopo di allontanare o emarginare il lavoratore, e riconducibili a quegli elementi di costrittività organizzativa indicati al paragrafo 3, o ad altri che siano ad essi assimilabili.
5. Sono esclusi dal rischio lavorativo tutelato i fattori organizzativi legati ai normale andamento del rapporto di lavoro (licenziamento, riassegnazione ecc).
6. Sono esclusi dal rischio lavorativo tutelalo le situazioni indotte dalle dinamiche psicologico-relazionali comuni sia agli ambienti di lavoro sia a quelli di vita.
Sono in conclusione da considerarsi irrilevanti ai fini dei rischio tutelat
o i comportamenti puramente soggettivi delle persone che operano nell’ambiente di lavoro a meno che tali condotte, reiterate, non si traducano e non si concretizzino in documentabili e oggettivamente riscontrabili incongruenze di
processo organizzativo.
3. L’organizzazione del lavoro e la costruttività organizzativa
L’organizzazione del lavoro comprende le componenti “fisiche” e le componenti “psichiche” che originano dal rapporto tra i singoli lavoratori e tra questi e chi sovrintende al lavoro.
I noti cambiamenti del mondo del lavoro hanno fatto emergere quadri patologici ricollegabilì a “fattori di costrìttività” nell’organizzazione del lavoro, sia nell’ambito del lavoro industriale sia nella Pubblica Amministrazione, ove pure è stato introdotto il criterio organizzativo/gestionale e tecnico di “azienda”.
Le incongruenze dei processi organizzativi possano diventare fattori di rischio psìchico per il lavoratore.
Si elencano le più frequenti condizioni di “costrittività organizzativa” traendo anche spunti da fonti normative, giurisprudenziali, nonché dalla casistica riportata e dalle prime risultanze dell’esame dei casi denunciati all’Inail:
□ marginalizzazione dalla attività lavorativa, svuotamento delle mansioni, mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata, mancata assegnazione degli strumenti di lavoro, ripetuti trasferimenti ingiustificati
□ prolungata attribuzione dì compiti dequalificanti rispetto ai profilo professionale posseduto
□ prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi, anche in relazione ad eventuali condizioni di handicap psicofisici
□ impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie
□ inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro
□ esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale
□ esercìzio esasperato ed eccessivo di forme di controllo
4. Principali quadri morbosi psichici e psicosomatici
Premesso che predisposizioni individuali e particolari strutture di personalità possono condizionare una maggiore suscettibilità nei confronti dei fattori di stress lavorativo come riportati ai paragrafi 2 e 3, è indispensabile procedere all’inquadramento nosografìco e alla definizione quali-quantitativa delle patologìe correlabili secondo accreditate classificazioni dei quadri morbosi psichici e
psicosomatici.
Secondo la classificazione dei disturbi psichici e comportamentali dell’ ICD – 10 e secondo il DSM – IV si individuano due sindromi correlate allo stress, la sìndrome da disadattamento e la sindrome post traumatica da stress.
La sindrome da disadattamento (Disturbo dell’adattamento} è il manifestarsi di sintomi emotivi e comportamentali clinicamente significativi in risposta ad uno o a più fattori stressanti, identificabili, non estremi.
La sindrome post traumatica da stress (Disturbo post traumatico da stress) è la risposta ritardata o protratta ad un evento fortemente stressante o a una situazione di natura altamente minacciosa o catastrofica in grado di provocare diffuso malessere in quasi tutte le persone.
Il disturbo post traumatico da stress secondo il DSM IV (classificazione multiassiale concepita per uso clinico) comporta gli stessi sintomi del disturbo dell’adattamento ma più gravi e con possibilità dì sequele associate a intrusività del pensiero e/o il rivivere la situazione stressante, oltreché comportamenti dì evitamento.
Il disturbo post traumatico da stress è comunque un quadro clinico più difficilmente correlabile ai rischi lavorativi sopradescritti.
Il riscontro di una maggior frequenza della sindrome da disadattamento è inoltre supportata dall’esperienza di alcuni studi nazionali, peraltro ancora in evoluzione e in via di definizione, come anche riportato nel Documento di Consenso sul “rischio mobbing” di qualificati medici del lavoro.
5. Percorso metodologico e criteriologia per la diagnosi di malattia professionale.
Analogamente alle altre malattie professionali non tabellate le condizioni denunciate dall’assicurato devono essere accuratamente approfondite e analizzate, non soltanto attraverso le dichiarazioni dell’interessato, ma anche con dichiarazioni del datore di lavoro e la complementare raccolta di elementi di conoscenza direttamente acquisiti presso i dirigenti e i colleghi dì lavoro.
Le suddette indagini, volte a chiarire l’anamnesi lavorativa, dovranno ovviamente essere mirate all’individuazione di quei fattori di rischio legati alla c.d. “costrittività organizzativa” come richiamati al paragrafo 3.
Parallelamente dovrà essere acquisita tutta la documentazione sanitaria disponibile.
In campo psichiatrico, molto più che in altre branche specialistiche, assume particolare importanza la ricostruzione dello stato anteriore del soggetto anche in riferimento ai fattori eziologici concausali extralavorativi.
E’ ampiamente noto infatti come dette patologie si sviluppino con il concorso di cause diverse (personali-familiari, ambientali-sociali), tra le quali il “rischio lavorativo” talora assume i connotati di mera occasionalità temporale priva di rilevanza eziologica.
Ciò detto, dovrà dunque essere svolta una attenta analisi sullo stato anteriore del soggetto che dovrà portare a una delle seguenti conclusioni diagnostiche eziologiche:
□ Presenza di disturbi /patologie preesistenti alle quali ricondurre tutto il quadro
clinico manifestato
□ Presenza dì disturbi/patologi e preesistenti (predisponenti) che hanno ruolo
concausale
□ Assenza di disturbi/patologie preesistenti
Esclusa l’eziologia lavorativa nella prima ipotesi, nell’ambito delle ultime; due condizioni invece l’analisi del rischio denunciato assumerà rilevanza assicurativa quando si potrà dimostrare, con criterio di certezza o quanto meno di elevata probabilità, l’esposizione al rischio lavorativo come causa preminente (o causa unica).
E’ evidente che tale metodologia è la stessa utilizzata nella ormai ultradecennale esperienza (maturata nella gestione delle malattie professionali non tabe Hate. Nella valutazione e ponderazione della vis lesiva degli eventi può essere di utile orientamento ricordare come in letteratura siano reperibili scale che classificano gli eventi della vita stressanti, attraverso le risposte ottenute da diversi gruppi di soggetti (v. Holmes e Rahe, 1967; Dohrenwend e coll., 1974, 1988; Fisher 1996). Gli eventi più in alto nelle varie scale sono: la morte del coniuge o di un figlio, seguono poi con valutazioni decrescenti il divorzio, la separazione dal coniuge, la carcerazione, la morte di un familiare stretto, incidenti o malattie, il matrimonio, la perdita del lavoro o il fallimento lavorativo, il declassamento, la promozione, il pensionamento, la morte di un caro amico, cambiamenti di lavoro e altri cambiamenti nella vita sociale.
Gli eventi ricollegabili all’ambiente di lavoro pur non essendo collocati nelle posizioni alte delle scale possono avere incidenza di rilievo e vanno pertanto opportunamente confrontati e valutati nel contesto degli altri eventi della vita, anche positivi, che ogni singolo soggetto può trovarsi ad affrontare.
Occorre comunque tenere ben presente i limiti di dette “scale” dovuti sia alla specificità delle realtà sociali delle popolazioni studiate, perdipiù in epoche diverse, sia alle inevitabili interazioni tra la vita lavorativa, familiare e sociale.
Per quanto attiene all’accertamento della patologia denunciata è necessario che la stessa venga supportata e confermata da accertamenti specialistici.
A tale proposito è indispensabile una articolata indagine clinica completa che consenta l’analisi della personalità premorbosa nonché dell’evoluzione del quadro clinico.
Si elencano di seguito i tests comunemente utilizza ti, non senza aver ricordato che
né il DSM-IV né l’ICD-10 prevedono l’utilizzo di test mentali per la diagnosi psichiatrica:
Tests proiettivi di personalità
Costitutivi
□ SIS
□ Rorschach
Costruttivi
□ Reattivo di Wartegg Interpretativi
□ TAT
Questionari di personalità
□ MMPI 2
□ EWI
□ MPI
□ CBA
Tests di efficienza intellettiva
□ Matrici progressive di Raven
□ Wais
□ WCST
Tests di antovalutazione di ansia e depressione
□ HAD scale
□ HAM-A
□ HAM Depression rating scale
□ Mood scale
6. Criteri per la valutazione del danno.
La vigente tabella delle menomazioni di cui al Decreto Lgs.vo 38/2000. come approvata con D.M. del 12 luglio 2000, relativa alla valutazione del danno biologico nell’ambito della tutela assicurativa degli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, prevede sull’argomento unicamente le due seguenti voci:
180. Disturbo post-traumatico da stress cronico moderato, a seconda dell’efficacia della psicoterapia – fino a 6% –
181. Disturbo post-traumatico da stress cronico severo, a seconda dell’efficacia della psicoterapia – fino a 15% -.
Per la valutazione percentuale del Disturbo dell’adattamento cronico dovrà pertanto procedersi con riferimento analogico a tali voci e relative valutazioni, con un preciso inquadramento nosografico della patologia, secondo i criteri clinici e medico-legali suesposti, che dovrà essere coerente con le richiamate classificazioni delle sindromi e dei disturbi di natura psichica (ICD-10 e DSM-IV), e modulata secondo gli effetti menomativi dei disturbi obiettivati.
La quantificazione del danno, tenendo presente che detti disturbi sono prevalentemente transitori, dovrà quindi tenere conto del polimorfismo del quadro clinico e graduarsi con la gravita della sintomatologia predominante, – vedi le classificazioni come riportate nella ICD-10 (*) e nei DSM-IV (**) -, con una valutazione percentuale che potrà collocarsi, nelle forme di grado lieve/moderato, nell’intervallo previsto dalla citata voce 180, e nelle forme dì grado severo, con importanti sintomi depressivi e della condotta, nella successiva voce 181.
(*) disturbo dell’adattamento con
□ reazione depressiva breve
□ reazione depressiva prolungata
□ reazione mista ansioso-depressiva
□ disturbo prevalente dì altri aspetti emozionali □ prevalente disturbo della condotta
□ disturbo misto delle emozioni e della condotta
□ altri sintomi predominanti specifici
(**) disturbo dell’adattamento con
□ umore depresso
□ ansia
□ ansia e umore depresso misti
□ alterazione della condotta
□ alterazione mista dell’emotività e della condotta
□ non specificato