Tribunale Milano 26 aprile 2000 – Est. Atanasio – Taviani (avv. Failla e Pomares) c. RAI Radiotelevisione Italiana Spa (avv. Tosi e Uberti).
Totale inoperosità del dipendente – Illegittima dequalificazíone – Danni alla professionalità e all’identità professionale – Sussistenza – Risarcimento del danno – Oneri probatori – Contenuto.
Dequalificazione – Determinazione del danno – Criteri.
Costituisce illegittima dequalificazione la sottrazione di tutte le mansioni attribuire al dipendente, tale da determinarne la totale inoperosità; tale demansionamento lede la professionalità del lavoratore, intesa sia come insieme delle competenze professionali acquisite, sia come identità professionale del lavoratore percepita all’esterno della società civile, e cagiona un danno che può essere accertato anche sulla base di presunzioni semplici. Il danno da dequalificazione professionale – suscettibile di valutazione equitativa da parte del giudice – è determinabile in una quota della retribuzione mensile; tuttavia, in ipotesi di totale e durevole svuotamento delle mansioni, il danno è da commisurare all’intera retribuzione.
(… ) Con ricorso depositato in data 14/6/99 Taviani Giovanni conveniva in giudizio la Rai deducendo di essere stato nominato dirigente nel ’78, quale procuratore responsabile del Supporto gestionale del Centro di Produzione di Milano e inquadrato in IV fascia dirigenti e di essere stato allora via via assegnato a incarichi di elevata responsabilità: quello di responsabile delle riprese TV, con inquadramento nella III fascia dirigente nel ’87 e, contestualmente, quello di responsabile, in via interinale, anche delle riprese interne, incarico questo di IV fascia dirigenziale; e, nel settembre ’91, sempre in via interinale, anche quello di responsabile delle riprese esterne, inquadrabile nella IV fascia dirigenziale.
Lamentava che, però, a far tempo dall’aprile ’94 era «stato oggetto di chiaro disegno emarginativo evidentemente atto a provocare l’allontanamento dalla società».
Concludeva pertanto chiedendo al Giudice di dichiarare l’illegittimità della condotta tenuta dalla convenuta e di condannare la Rai a ricostruire la carriera del ricorrente inquadrandolo nel livello equivalente alla II fascia dirigenziale a partire dall’aprile ’94 e quindi in quella di I fascia a far data dal novembre ’98, a corrispondergli le relative differenze retributive nonché ad assegnargli mansioni equivalenti all’inquadramento predetto condannando la società, in caso contrario, a pagargli una penale di L. 20 milioni mensili; chiedeva altresì di dichiarare l’illegittimità del demansionamento subito a far data dall’aprile ’94 condannando la società a risarcirgli il danno patrimoniale e non, alla salute, all’immagine e alla dignità professionale, quantificati in misura non inferiore a tutte le retribuzioni percepite dall’aprile ’94 all’attualità quantificati in L.1.110.147.000 oltre le successive maggior somme maturate alla data di pronuncia alla sentenza; con vittoria di spese.
Si costituiva la parte resistente contestando le avverse deduzioni e domande delle quali chiedeva il rigetto con vittoria di spese.
All’udienza in discussione, i procuratori delle parti concludevano come in atti e il giudice decideva come da separato dispositivo, conforme a quello trascritto in calce al presente atto, di cui dava lettura.
Motivi della decisione
A) 1 ) La domanda avente a oggetto l’accertamento dei subito demansionamento è fondata.
Del contenuto delle mansioni svolte dal Taviani prima che subisse il demansionamento ha riferito il teste Panfili, direttore del Centro di Produzione di Milano dall’aprile’94 al’98, il quale ha ricordato:
« In quel periodo il Taviani è stato responsabile del gestionale dei Centro di produzione e successivamente è stato nominato responsabile delle Riprese TV.. Quale responsabile del Centro di produzione la cosa più importante era la gestione del personale del Centro; in sostanza era per così dire il capo del personale del Centro di produzione che aveva all’epoca circa 1000 dipendenti. C’era una gestione amministrativa e una valutativa: la prima riguardava proprio la gestione dei singoli eventi dei rapporto di lavoro dalla malattia alle ferie; l’altra riguardava invece la valutazione per promozioni o invece per procedimenti disciplinari. Per quanto riguarda l’aspetto delle valutazioni il Centro di produzione presentava delle proposte a noi della Sede e noi dopo avere formalizzato la proposta la presentavamo alla Direzione dei personale per l’assenso. Ciò anche per quanto riguarda le assunzioni. Poi il Centro di produzione e il Taviani avevano le proprie competenze per quanto riguardava gli aspetti commerciali, vale a dire degli acquisti dei beni necessari per la produzione; ebbene sotto questo aspetto il Centro godeva di maggiore autonomia aspetto alla Direzione commerciale in quanto poteva scegliere i fornitori, contrattare il prezzo e stipulare il contratto… In qualità di responsabile delle Riprese TV sia esterne che interne il Taviani si occupava di gestire, organizzare e utilizzare il personale per la creazione del prodotto; pertanto doveva occuparsi anche dell’ottimizzazione delle risorse al fine della produzione».
Lo stesso teste Panfili ha poi chiarito come a far data dall’aprile 1994 al Taviani non fu praticamente assegnato alcun compito, spiegando anche le ragioni di tale demansionamento al quale lo stesso PanFili non avrebbe potuto porre rimedio; ha ricordato il teste:
« Nel ’94 quando tornai da Torino la Sede fu cancellata. Fu in sostanza abolita la duplicazione del commerciale e del personale che prima esisteva tra la Sede e gestionale di produzione. Il Centro di Produzione divenne un vero e proprio stabilimento di produzione e presso di esso furono accentrate in pratica le funzioni prima distribuire tra Centro di produzione e sede… Io divenni il responsabile Centro di produzione di Milano. Il Taviani fu nominata mio assistente. Non potè però occupare posizioni di linea vale a dire occupare funzioni la cui nomina spetta solo ai CdA (su proposta dei Direttore Generale) o a quest’ultimo direttamente. Taviani con me non ha praticamente lavorato. Avrei dovuto creare attività esterne al centro di produzione per potere occupare il ricorrente, posto che quelle inerenti al Centro erano già tutte occupate da determinati altri collaboratori. Sono rimasto a Milano in qualità di responsabile dei Centro di produzione fino al settembre dei ’98, la posizione del Taviani è rimasta invariata fino a quella data. Il ricorrente non espletava funzioni di Vicedirettore perché questa è una funzione di line che era già coperta. Successivamente invece il Vicedirettore non c’era più. Comunque non poteva il Taviani espleta re tale tipo di l’unzione. Il Taviani si è lamento di tale situazione anche parlandone direttamente a me. Il Direttore Generale aveva creato una gerarchia corta nel senso che si era passati da 32 a 7 dirigenti nell’ambito dello stabilimento di Milano. Quindi non avevo spazio per dare al Taviani funzioni se non trovandole tra quelle non essenziali alla produzione. Avrei certo potuto dargli dei singoli compiti, ma non l’ho fatto. Per esempio avrei potuto affidargli incarichi di pubbliche relazioni se fossi stato a Torino o Napoli dove questi vengono gestiti direttamente dal Centro di Produzione; non potevo farlo a Milano in quanto quella funzione dipendeva direttamente dalla Direzione. Esisteva già un dirigente responsabile delle Pubbliche relazioni che aveva una sua struttura e poi c’era un delegato del Direttore Generale senza struttura per i rapporti con l’esterno; quindi se anche avessi affidato al Taviani singoli compiti dei genere avrei interferito in qualche modo con questi soggetti, e pertanto non l’ho fatto».
Il teste Panfili ha poi ricordato di essersi attivato presso la Direzione per la risoluzione del problema del Taviani, senza successo però: «Io dipendevo dalla Direzione della Produzione; mi sono attivato presso questa pe
r risolvere il problema del Taviani; le risposte erano positive («vedremo, faremo») ma poi il tempo passava e non succedeva niente; ciò peraltro stranamente perché di solito persone in qualche modo accantonate dopo certi periodi in Rai vengono ripescate per certi compiti, e invece con il Taviani ciò non è accaduto».
La situazione dei Taviani non è affatto mutata quando al Panfili è successo quale direttore dei Centro di Produzione di Milano il Binacchi, il quale ha ricordato:
« Quando sono arrivato a Milano anche a seguito della riorganizzazione della Rai, la Sede di Milano ha visto ridotte le posizioni di line del Centro di Produzione che sono passate da una diecina a quattro. Ho pertanto riesaminato le posizioni dei dirigenti presenti a Milano e ho proposto – anche a seguito di colloqui avuti con lo stesso Taviani – di assegnare a quest’ultimo una posizione di staff, in quanto la Direzione Centrale non intendeva assegnare al Taviani posizioni di line. Chiarisco che io non ho concordato con Taviani la nuova mansione; ho parlato con Roma che mi ha detto «prendilo come assistente, inventati una posizione». Dopo di che ho proposto a Roma la soluzione che ho detto. In sostanza al Taviani dal febbraio 99 è stata assegnata la qualifica di assistente del Direttore in rapporto con la Direzione Centrale per l’organizzazione dei Grandi eventi quali Giro d’Italia, Sanremo, Salsoinaggiore ecc.; in tutti quei casi nei quali venga direttamente interessato il Centro di Produzione di Milano».
In effetti il Binacchi, ha preso in parola la Direzione inventandosi una posizione per il collega senza che la stessa avesse alcuna reale consistenza sotto l’aspetto dei compiti che il ricorrente avrebbe dovuto svolgere.
Ha infatti ricordato ancora il Binacchi:
« Il ricorrente nella sua qualità di assistente del direttore deve occuparsi di pianificare le attività in particolare ponendo cura a ottenere un’ottimizzazione delle risorse anche sotto l’aspetto del budget impiegato in ognuno di quegli eventi. In tale veste il ricorrente non interviene direttamente sulla struttura verticale ma riferisce a me e al responsabile nazionale della struttura Grandi Eventi De Lella… E’ vero che Taviani più volte si è lamentato di tale posizione chiedendomi – con riferimento alle riunioni stesse: «che ci vado a fare?»… E’ evidente che Taviani non è essenziale all’organizzazione del Grande Evento che viene ugualmente organizzato anche senza la sua presenza; però è vero che la sua partecipazione può consentire di risparmiare sull’utilizzo di una troupe o di un tecnico e comunque nell’utilizzazione delle risorse».
Tuttavia è evidente che il ricorrente rispetto ai Grandi Eventi era ed è del tutto esterno all’organizzazione e non in grado di intervenire al fine di incidere realmente sull’organizzazione stessa, potendosi al più limitarsi a fornire consigli al Direttore di Produzione.
Sull’organizzazione Grandi Eventi il teste Scatena ha chiarito:
« Io ho i] compito dì produrli quei Grandi Eventi. Il responsabile dell’organizzazione dei Grandi Eventi è De Lella. Il Taviani è l’interfaccia di Di Lella a Milano. Nell’ambito dell’organizzazione di un grande evento bisogna distinguere la fase organizzativa ideativa da quella più strettamente produttiva. E’ nella prima fase che si decidono i mezzi, le strutture (a esempio telecamere, bus da utilizzare); è evidente che ciò implica l’utilizzazione maggiore o minore di risorse. A quella fase iniziale organizzativa partecipiamo ovviamente De Lella, io e il committente cioè la redazione sportiva. Il Taviani credo di ricordare che abbia partecipato a un paio di quelle riunioni. Nella fase dell’impostazione la decisione delle strutture da utilizzare per la realizzazione di un evento sono assunte collettivamente e comunque competono sia alla Direzione di produzione (di cui facciamo parte sia De Lella sia io) che alla Divisione editoriale. Alla fine della fase di organizzazione vi è una riunione di produzione che definisce nello specifico tutto ciò di cui c’è bisogno per la produzione dell’evento. Non so dire se Taviani a queste ultime fosse presente o meno; io di solito non ci sono perché vi è uno staff molta affiatato che se ne occupa».
Da ciò si ricava che i margini di intervento del Taviani in una simile struttura già organizzata erano e sono pressocché nulli. Ma chiarisce poi l’impegno che comportava l’incarico del Taviani il numero di Grandi Eventi organizzato in Milano; su tale aspetto i testi Binacchi «Da febbraio a oggi i Grandi Eventi che hanno interessato Milano sono stati il Giro d’Italia, Miss Italia che è stata organizzata da noi, La Mostra del Cinema di Venezia che abbiamo organizzato insieme al centro di Produzione di Venezia, i Mondiali di ciclismo tra Verona e Treviso» e Scatena «I Grandi Eventi sono essenzialmente quelli sportivi (Giro d’Italia, Formula Uno – San Marino e Monza – Mondiali di Ciclismo). Non fa parte dei Grandi Eventi Salsomaggiore – Miss Italia che è ne stata esclusa; i Mondiali di sci sono classificati tra i Grandi Eventi ma poiché partecipiamo solo per le riprese TV e non per l’organizzazione allora ci limitiamo a mandare i tecnici per le riprese. Pavarotti and Friends non è un Grande Evento. A volte la produzione è totalmente nostra a volte la facciamo con la Pavarotti Intemational» si sono trovati in qualche modo divisi.
Tuttavia proprio in considerazione della concreta organizzazione di cui si occupa il teste Scatena si ritiene di dovere dare maggiore credito alle dichiarazioni di quest’ultimo.
Sicché se si considera poi che «all’incirca occorrono un paio di riunioni per ogni grande evento» (cfr. teste Scatena), si deve giungere alla conclusione che per lo svolgimento del proprio compito da parte del ricorrente sarebbe sufficiente la partecipazione a circa otto riunioni l’anno, senza peraltro che lo stesso sia in grado di incidere concretamente sull’organizzazione dell’evento se non fornendo qualche consiglio al Direttore di produzione
Sicché, a fronte di tale accertamento, la considerazione del teste Binacchi «Taviani non ha dato alcun contributo né scritto – sotto forma di relazioni – né orale per l’organizzazione Grandi Eventi, però ben avrebbe potuto farlo anche con la sola presenza alle riunioni nelle quali veniva convocato utilizzando la professionalità acquista sul campo in tutti gli anni passati» suona come un’ulteriore ingiusta umiliazione data al ricorrente per ciò che non è stato posto in grado di realizzare anche e soprattutto a causa di tutti coloro che – Binacchi compreso – hanno assistito alla consumazione, all’emarginazione professionale e umana di un dirigente che aveva occupato posizioni assolute di vertice nell’ambito della Rai di Milano.
La società va pertanto condannata a reintegrare immediatamente il Taviani nelle pregresse mansioni o in altre equivalenti.
2) Dal fatto che il ricorrente è stato lasciato dei tutto inoperoso per circa sei anni è certamente scaturito un gravissimo danno che va risarcito.
Com’è noto, secondo la giurisprudenza di merito, condivisa da questo giudice, il demansionamento è causa di una lesione dell’immagine professionale del lavoratore «certamente derivante dalla prevalente sostanziale inoperosità e dalla sorta di isolamento cui è stata costretta» non invece della professionalità («conoscenze professionali acquisite») acquisita quando il demansionamento si sia limitato a un periodo di circa sei mesi (cfr. Pret. Milano 31/7/97); è causa di «un danno alla professionalità globalmente inteso anche con riguardo all’immagine professionale» pur se il demansionamento si sia limitato a un periodo di soli due mesi (cfr. Pret. Milano 7/1/97); è causa di «danni alla personalità e alla professionalità» in considerazione della totale inoperosità per un periodo di due anni, ma anche di «un danno in sé alla vita di relazione, alla propria dignità di lavoratore» ma non anche di danno alla professionalità, in considerazione della prossimità dei lavoratore alla pensione (cfr. Pre
t. Milano 11/3/1996); è causa di «danno alla dignità e alla personalità del dipendente» in considerazione dell’alto livello professionale occupato dal dirigente e dal fatto che esso costituiva lo «sbocco naturale di una lunga carriera mirata alla crescita delle funzioni decisionali e di direzione in ambiti sempre píù estesi di attività della banca»; è altresì causa di danno all’identità professionale e all’immagine che egli offre nella società civile (cfr. Pret. Milano 9/12/1997); è causa di «pregiudizio non solo per la dignità ma anche per il bagaglio professionale mortificato e svilito» (cfr. Pret. Milano 19/2/99).
Chi scrive e la giurisprudenza in genere tendono a riconoscere che il danno alla professionalità e all’identità personale si possa accertare sulla base di presunzioni semplici (al senso cfr. anche Trib. Milano 30/11/96); sicché non si richiedono particolari accertamenti se non l’uso di nozioni, di comune esperienza (concludendo per l’esclusione della sussistenza di un dann o nel caso del lavoratore ormai al limite della pensione o in considerazione della breve durata del demansionamento o in occasione di svolgimento di mansioni di basso profilo (in tal senso cfr. anche Pret. Milano 28/3/97).
Va registrato che sostanzialmente anche il Giudice di II grado in particolare del già Tribunale di Milano si pone sulla stessa posizione (cfr. Trib. Milano 6/7/96 e 30/5/97) affermando la lesione della professionalità a causa del patito demansionamento. Sentenze più rigorose con riferimento all’accertamento della sussistenza del danno da demansionamento – così ad es. Trib. Milano 9/11/96 – dopo avere affermato che il danno da dequalificazione «ove non coinvolga profili ulteriori come il danno alla salute o il danno morale vada considerato sub specie del danno patrimoniale» e che «questo comporta che vadano provati e l’esistenza e l’entità dei danno stesso e il collegamento causale con la condotta», nega la sussistenza di un danno nel caso esaminato per la relativamente breve durata dei demansionamento, circa un anno, concludendo però per il riconoscimento di un danno all’immagine dei dipendente che come tale ha un’incidenza in ogni caso sul mercato dei lavoro.
Bene, chi scrive ritiene che nella fattispecie di demansionamento che ci occupa proprio in considerazione della sua lunga durata, sei anni, e della circostanza che ha visto quale soggetto passivo uno dei massimi vertici della Rai di Milano rimasto del tutto privo di mansioni dopo avere avuto per lunghi anni alle proprie dipendenze fino a 1000 dipendenti – devono ritenersi sussistenti gravi, precisi e concordanti presunzioni dell’avvenuta consumazione di un danno alla professionalità e all’identità professionale del Taviani.
Questo viene solitamente individuato in una percentuale variabile della retribuzione mensile (cfr. Cass. 10/4/96 n. 3341 la quale ha ritenuto la congruità di tale criterio di liquidazione del danno) anche se vi è grande diversità di opinioni in ordine alla misura di quella percentuale: e cosi v’è chi lo individua nel circa 100% della retribuzione percepita (cfr. Pret. Milano 7/1/97), nel 50% (cfr. Pret. Milano 31/7/97 e 14/2/96), nel 40% (cfr. Pret. Milano 22/8/96), nel 30% (cfr. Trib. Roma 12/10/98), nel 15% (cfr. Trib. Milano 9/11/96), in un terzo della retribuzione (cfr. Trib. Milano 30/11/96); c’è infine chi ritiene poi che la perdita del valore della professionalità aumenti col passare del tempo di esposizione al demansionamento (cfr. Pret. Milano 9/12/97) che l’ha fissato in 1/4 della retribuzione per i primi 4 mesi , in 1/3 per i successivi 5 mesi, nel 50% per i successivi sei, in 2/3 nei successivi tre e infine nel 100% da quella data in poi).
Tuttavia ritiene chi scrive che la durata del demansionamento e la totale inoperosità alla quale è stato costretto il Taviani possano essere adeguatamente risarciti solo con una quantificazione del risarcimento equivalente alla misura della retribuzione percepita nel periodo in considerazione, già comprensiva della rivalutazione e degli interessi, così equitativamente determinata.
La società convenuta va pertanto condannata a risarcire al Taviani il danno professionale conseguente il patito demansionamento che si determina in via equitativa nella misura dei 100% della retribuzione mensile percepita dal Taviani, pari – per il periodo compreso tra il 1/4/94 e l’attualità – a lorde £. 1.290.147.000 (unmiliardoduecentonovantamilacentoquarantasettemila). Su tale somma vanno poi conteggiati interessi e rivalutazione monetaria dalla sentenza al saldo.
B) Deve invece essere rigettata l’altra domanda in considerazione della genericità delle deduzioni e dell’incerto esito dell’ istruttoria.
In considerazione della parziale reciproca soccombenza, compensato un 1/5 delle spese di lite, la società convenuta va condannata a rimborsare al ricorrente gli altri 4/5 delle spese che si determinano in L. 18.000.000 di cui L. 100.000 per spese, 3.400.000 per diritti e L. 14.500.000 per onorari.
Sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.
P.Q.M.
dichiara che il ricorrente ha subito un demansionamento a far tempo dal 1/4/94; condanna la società convenuta a reintegrare il ricorrente nelle pregresse mansioni o in altre equivalenti; condanna la società convenuta a risarcire al Taviani il danno professionale conseguente al patito demansionamento che si determina in via equitativa nella misura del 100% della retribuzione mensile percepita dal Taviani, pari – per il periodo compreso tra il 1/4/94 e l’attualità – a lorde £.1.290.147.000 oltre interessi e rivalutazione monetaria; rigetta le altre domande (…)
(già pubblicata in D&L, Rivista critica di diritto del lavoro, 2000, 750 con nota di Pavone)